100 giorni di Cristian Camisa alla guida di Confapi, che si appresta a festeggiare i 75 anni di vita: è a partire da questi due numeri che abbiamo intervistato il presidente nazionale della Confederazione italiana della piccola e media industria privata, tracciando un bilancio del percorso compiuto e indicando le priorità per il futuro.
Presidente, partiamo dalla festa in programma il 29 marzo all’Auditorium della Conciliazione a Roma, a cui interverranno, tra gli altri, anche i ministri Tajani, Urso e Salvini. Con che spirito ci si arriva?
«Un’associazione che guarda al futuro non può dimenticare il passato. Festeggiare è anche un modo per ricordarci che bisogna saper cambiare per stare al passo con i tempi».
E questi che tempi sono? Cosa possiamo aspettarci dal 2023?
«Sarà un anno abbastanza positivo e non solo per il Pil, che ha dato segnali di ripresa significativi: noi stimiamo un + 0,8% sul 2023. C’è più fiducia perché il rischio recessivo sembra superato. Ma ci troviamo ancora ad affrontare tante sfide compresa quella di una guerra alle nostre porte e della scomposizione e ricomposizione degli equilibri geopolitici internazionali. E ancora: i costi dell’energia, delle materie prime e del loro approvvigionamento, le difficoltà della logistica che stanno affaticando il sistema che Confapi rappresenta».
In questi mesi le imprese hanno dovuto, appunto, affrontare il problema del costo dell’energia. È ancora un’emergenza?
«I costi sono diminuiti ma siamo ancora dipendenti da fonti estere. Peraltro, sull’emergenza dei battery minerals il Governo ci ha ascoltati. Va bene lo scudo europeo ma dobbiamo fare scorte strategiche, come la Germania. Abbiamo proposto di farlo attraverso Sace e si sta andando in questa direzione».
Alle porte c’è l’introduzione di un’importante riforma fiscale. Quali dovrebbero essere i suoi cardini?
«Collegare gli strumenti agevolativi a investimenti innovativi e in risorse umane. E poi gli utili di esercizio, se portati a capitale sociale, dovrebbero essere detassati perché vanno a patrimonializzare l’azienda».
E sul tema del lavoro, quali sono le priorità di Confapi, anche alla luce delle 116 mila aziende e del milione di lavoratori che rappresenta?
«La prima è sostenere i dipendenti. Senza scorciatoie. Bisogna compensare la diminuzione del potere di acquisto dei salari, detassando gli straordinari, i premi di produzione e gli aumenti contrattuali, che è quanto chiediamo al governo. Una mossa che non è mirata solo a contrastare l’inflazione: non nego infatti che quello di trovare e trattenere la forza-lavoro oggi è un problema. Anche per questo vanno premiati i migliori con un riconoscimento non simbolico. Anche del modo stesso di intendere il lavoro parleremo celebrando il nostro anniversario. I giovani considerano il tempo libero come un valore non negoziabile».
In queste settimana si parla molto della settimana lavorativa di quattro giorni. Come la pensa a riguardo?
«Si può discutere di tutto ma servono soluzioni che non aggravino i costi aziendali. Piuttosto il lavoro va riorganizzato in alcuni settori. Ci proveremo nei prossimi rinnovi contrattuali. Tanieamo presente che il welfare è uno strumento imprescindibile per le piccole e medie imprese e noi di Confapi siamo avanti. Abbiamo fatto sostegno al reddito, sanità integrativa, borse di studio ai figli dei dipendenti meritevoli. Abbiamo applaudito i fringe benefit detassati ammessi dal governo».
Sul tema del lavoro, Confapi Padova ha da tempo lanciato l’allarme: le imprese non trovano manodopera. il 21,7% delle imprese dichiara di aver previsto assunzioni entro aprile ma una su due sa già che non troverà le figure di cui ha bisogno.
«Serve manodopera comune e specializzata. Occorre lavorare su due binari. Primo: fare un check sui territori per rilevare le esigenze specifiche, in modo da non avere un decreto-flussi generico. Dobbiamo azzerare il mismatching tra domanda e offerta di lavoro. E poi collegare la scuola e le imprese, partendo dai territori. Il nostro modello è il duale tedesco, che è di sicuro successo».
Sul tema lavoro, Confapi Padova ha denunciato sin dalla sua introduzione che il reddito di cittadinanza è uno strumento che andava rivisto.
«Gli ultimi vanno aiutati ma non si deve incentivare l’inattività, come si è fatto finora, a danno di chi lavora dodici ore al giorno».
In questi primi tre mesi e mezzo il confronto con il Governo è stato costante. Tra i temi caldi il Pnrr.
«A novembre avevamo incontrato il ministro Fitto per verificare le risorse impiegate e poi avviare i tavoli tecnici. Il 2026 è dietro l’angolo e, visto che buona parte di quei fondi sono a debito, dovrebbero essere utilizzati per progetti strategici. Abbiamo offerto l’esperienza dei nostri tecnici sul territorio».
Confapi ha preso una posizione forte sul tema Superbonus.
«Siamo lontani da un risultato condiviso e i lavori intanto si stanno bloccando. Il fattore tempo non è secondario: su 19 miliardi di crediti incagliati, tre sono delle nostre imprese. Confapi è al loro fianco. Noi abbiamo avanzato proposte concrete a costo zero. Come portare la detrazione da quattro a 10 anni, per consentire alle aziende di non perdere una parte del credito. Lo stop a possibili profili penali e al sequestro preventivo del credito nel caso in cui chi lo riceve sia in buona fede. Poi abbiamo chiesto che le grandi partecipate aprano alla cessione del credito finché non sarà operativa la compensazione con gli F24. Sarebbe un messaggio virtuoso da parte di chi ha incassato extra profitti nei mesi scorsi».
Sulla transizione alle auto elettriche l’Europa ha ascoltato l’appello di Confapi.
«Lo stop ai motori endotermici dal 2035 nel breve termine avrebbe messo in difficoltà le piccole e medie industrie italiane. Avrebbe messo a rischio, infatti, oltre 2.200 aziende del comparto e 195.000 posti di lavoro. Eliminando il know-how della componentistica dei motori termici all’Italia e all’Europa, e considerando la leadership tecnologica sull’elettrico in capo ai Paesi asiatici, il rischio di delocalizzazione a lungo termine dell’intero settore era molto concreto. Riteniamo che la transizione ecologica non possa prescindere da una sostenibilità economica. Per questo è necessario adottare fin da subito una nuova politica industriale che possa far transitare chi uscirà dal mercato del lavoro dell’auto termica verso nuove frontiere. Bisogna adottare una politica energetica e industriale che si focalizzi soprattutto sulla produzione nazionale di energie rinnovabili a partire dal fotovoltaico che possa venire prodotto, rigenerato e smaltito in Italia».
Ufficio Stampa Confapi Padova