Pare sempre più vicina la fine del SISTRI, il sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti, che si prepara ad andare in pensione dal prossimo primo gennaio.
Come annunciato già diverse volte dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, sarà il cosiddetto “decreto semplificazione” a dare il colpo di grazia al sistema. Stando a quanto contenuto in un bozza, “dal 1 gennaio 2019 è soppresso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti” e pertanto “non sono dovuti i contributi”.
Dalla stessa data “e fino alla definizione ed alla piena operatività di un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti organizzato e gestito direttamente dal Ministero dell’Ambiente”, i soggetti obbligati continueranno ad effettuare gli adempimenti cartacei, compilando registri di carico e scarico e formulari di identificazione.
Nuovo sistema sul quale il Ministero è già al lavoro, avendo dato mandato all’Albo nazionale gestori ambientali di avviare una serie di consultazioni con le associazioni di categoria per la digitalizzazione degli adempimenti cartacei. Un primo passo verso la definizione di un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti.
All’orizzonte si profilerebbe l’annullamento della gara d’appalto bandita da CONSIP con la quale nell’agosto 2016 era stata affidato al raggruppamento d’imprese formato da Tim, Almaviva e Agriconsulting il compito di mettere a punto un nuovo sistema.
Aggiudicazione che al momento risulta sospesa in attesa del pronunciamento del TAR della Regione Lazio su una serie di ricorsi. Sospensione che, a questo punto, potrebbe diventare definitiva. Fin dalla data della sua istituzione, il 17 dicembre del 2009, la piattaforma sviluppata e gestita da Finmeccanica – che nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto sostituire il sistema cartaceo e permettere agli organi di controllo un più efficace monitoraggio dei flussi di rifiuti sul territorio nazionale – si è rivelata “un sistema informatico basato su una tecnologia di difficile utilizzazione o addirittura malfunzionante” come scrive la CNA in un’indagine condotta questa estate su 1700 imprese scelte tra quelle obbligate a utilizzare il SISTRI.
Stando ai risultati dell’indagine, nei primi 9 anni di utilizzo “una impresa su quattro tra quelle che operano nella parte finale della filiera (“trasportatori in conto terzi”, “destinatari di rifiuti speciali” e “altre categorie”), ha sopportato costi superiori ai 10 mila euro per il contributo annuale, con punte superiori ai 50mila euro per i trasportatori in conto terzi”. Complessivamente, stima la Confederazione, il SISTRI è costato alle imprese circa 200 milioni, che con le spese indirette lievitano fino al miliardo di euro.
Nella bozza di decreto semplificazione non c’è solo l’abolizione del SISTRI. Buone notizie anche sul fronte end of waste L’articolo 21 reintrodurrebbe infatti la possibilità per gli enti deputati al rilascio delle autorizzazioni di stabilire “caso per caso” i criteri di cessazione della qualifica di rifiuto.
Misura che farà tirare un sospiro di sollievo alle imprese del recupero, dopo la discussa sentenza del Consiglio di Stato che dal luglio scorso aveva negato la possibilità di stabilire criteri end of waste caso per caso, paralizzando di fatto il rilascio di nuove autorizzazioni al riciclo e mettendo a rischio il rinnovo delle autorizzazioni in via di scadenza.
Per armonizzare il rilascio delle singole autorizzazioni sull’intero territorio nazionale, si legge sempre nella bozza, “il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare individua [con un nuovo decreto, n.d.r.] i criteri generali, anche relativi alle verifiche in ingresso sui rifiuti e ai controlli da effettuare sulla sostanza o sull’oggetto a seguito dell’operazione di recupero, per l’adozione delle autorizzazioni”.
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