CONFAPI: «SPERIAMO CHE CON LA FATTURAZIONE ELETTRONICA NON FINISCA ALLO STESSO MODO»
Per ammissione del Ministro Costa il Sistema di tracciabilità dei rifiuti ha comportato una spesa di 141 milioni di euro, ma, come evidenza Fabbrica Padova, la somma è enormemente più alta considerando i costi indiretti sostenuti dalle aziende in questi anni, tra cui quelli per la formazione dei propri dipendenti. E in alcuni settori si arriva anche a 20 mila euro ad azienda. Il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio: «Ora un sistema di tracciabilità che non comporti costi per le imprese. Ma chi ci ridarà i soldi buttati?».
Una cosa è sicura: nessun imprenditore lo rimpiangerà. A decorrere dal 1 gennaio 2019 è stato soppresso il SISTRI, il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. Lo ha stabilito il “decreto semplificazioni” (Decreto legge 135/2018), cancellando di fatto anche i relativi contributi. Finisce così l’assurdo percorso di un sistema che, sin dalla sua introduzione nel 2009, si è contraddistinto per essere farraginoso, inutile e costoso, tanto da venire reiteratamente rinviato da una lunga serie di proroghe. L’addio al SISTRI è anche una vittoria di Confapi, che assieme alle altre associazioni di categoria si è impegnata strenuamente nelle Sedi Istituzionali per segnalarne l’inadeguatezza.
Ma quante sono state le aziende interessate dal SISTRI? Inizialmente riguardava una platea di circa 360 mila imprese in Italia, tra cui 40 mila venete. Dopo le successive restrizioni, con le esenzioni per negozi, laboratori, botteghe e piccole aziende con meno di dieci dipendenti, il totale si è ridotto a circa 40 mila imprese in Italia, 5 mila in Veneto e 1.100 nel Padovano. E quali spese ha affrontato ciascuna di esse a causa del SISTRI? In base alle dichiarazioni dello stesso Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, «I costi sostenuti dalle imprese coinvolte e dallo Stato hanno superato i 141 milioni di euro dal 2010 a oggi». Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha fatto un po’ di conti: dal 2010 al 2014 sono stati fatturati 290 milioni, di cui quasi 90 pagati effettivamente. Dal 2015 al 2018 sono stati fatturati 66 milioni, pagati 51. Attualmente era in corso un affidamento da 260 milioni in 5 anni, che viene quindi sospeso. Se la somma è questa, dividendo i 141 milioni per ciascuna delle 40 mila aziende coinvolte, si arriva a una media di 3.525 euro versata da ognuna.
«Ma», sottolinea il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio, «in realtà i costi sono molto più alti, perché il Ministro non considera quelli indiretti, ad esempio relativi alle spese per la formazione dei propri dipendenti, in un quadro normativo cambiato più e più volte e in cui andrebbe valutata anche una risorsa preziosa come il tempo sprecato inutilmente per aggiornarsi e sottratto ad altre mansioni. Senza contare che per alcuni anelli della filiera, in particolare per le imprese di trasportatori in conto terzi, le spese sono lievitate fino a 20 mila euro ad azienda tra iscrizione, acquisto delle chiavette USB e delle “black box”. Chi ridarà indietro questi soldi agli imprenditori? E le considerazioni da fare, ahimè, sono le stesse avanzate di fronte all’obbligo della fatturazione elettronica. Gli intenti sono nobili, in un caso come nell’altro, perché siamo fermamente convinti che sia necessario controllare la produzione e lo smaltimento dei rifiuti pericolosi in modo da tutelare l’ambiente e combattere il traffico illegale delle ecomafie, ma si è provveduto a farlo tra informazioni incomplete e istruzioni incerte, e con costi aggiuntivi per le aziende. Ancora una volta è stato demandato alle imprese il compito di far fronte a eventuali violazioni della legge, mentre in uno Stato serio è lo Stato stesso a dover provvedere, senza gravare sulle spalle dei contribuenti. Ecco, non vorremo che anche con l’obbligo delle fatturazioni elettroniche si finisse allo stesso modo, sino al giorno in cui un Ministro un giorno si sveglierà dicendo che è stato sbagliato tutto e che occorre ripartire daccapo».
Ma cosa succederà adesso? Di colpo si torna alla situazione precedente. Fino alla definizione di un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti da parte del Ministero dell’Ambiente continuano a trovare applicazione gli adempimenti relativi alla gestione dei rifiuti antecedenti alla disciplina SISTRI: presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale (MUD), tenuta del registro di carico scarico, utilizzo dei formulari di trasporto anche in formato digitale. Di fatto, nella maggior parte dei casi ci sarà un ritorno al famigerato “cartaceo”, almeno per il momento. Ed è chiaro che non può essere questa la soluzione.
CONSULTA LA BREVE CRONISTORIA DELLE TAPPE
CHE HANNO CONTRASSEGNATO IL PERCORSO DEL SISTRI
DALLA SUA IDEAZIONE ALLA SOPPRESSIONE
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova
stampa@confapi.padova.it