CONFAPI: «GRAZIE, MA NON BASTA SERVONO INTERVENTI STRUTTURALI»
Dei 5,5 miliardi stanziati dal Governo per far fronte agli aumenti record delle bollette, un centinaio di milioni arriverà alle imprese padovane, con i quali si copriranno solo in minima parte i 530 milioni di aumenti. Il presidente Carlo Valerio: «La strada è quella giusta, ma si poteva fare decisamente di più». Presentiamo le proposte avanzate al Governo da Confapi e la seconda parte dell’analisi del professor Fontini («Giusto eliminare gli oneri impropri per abbassare le bollette, il passo successivo è arrivare a un accordo per arginare la volatilità dei prezzi»). Inoltre le testimonianze degli imprenditori Zuin e Magarotto («Siamo impotenti di fronte ad aumenti record, che si aggiungono a quelli delle materie prime»).
Anche ipotizzando che i 5,5 miliardi stanziati dal Governo (3,8 introdotti con la legge di Bilancio a cui si aggiungono 1,7 miliardi aggiunti la scorsa settimana per decreto) venissero interamente spesi a sostegno delle imprese, non ridurrebbero che in minima parte gli aumenti delle bollette del 2022. Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha fatto i conti per quanto riguarda il territorio della provincia. In base all’incidenza delle aziende padovane sul Pil nazionale è possibile stimare che la quota di quegli “sconti” loro destinata si attesterà attorno ai 100 milioni di euro, somma importante, ma che copre poco più di un settimo dei costi per l’energia nel 2022. Considerando gli impieghi di elettricità e gas del 2019 e ipotizzando che quest’anno tornino allo stesso livello medio, Fabbrica Padova è infatti arrivata a stimare un costo dell’energia per le imprese della provincia pari a 674 milioni di euro, vale a dire 530 milioni in più rispetto ai 146 del 2019. Pertanto, resterebbero “scoperti” circa 574 milioni di aumenti, tutti a carico delle imprese.
Nell’insieme, la maggioranza delle Pmi che vantano oggi un contratto a prezzo fisso per l’energia elettrica si troverà a rinegoziare i contratti di fornitura tra il secondo e il quarto trimestre 2022. Tenuto conto della condizione di grave tensione che insiste attualmente sul mercato energetico europeo e dall’andamento della curva forward, è lecito attendersi a fine 2022 una rinegoziazione nell’ordine dei 180 euro/MWh pari a un incremento del 200% rispetto al 2019. Uno scenario persino ottimistico e che prevede un assestamento dei costi, considerando che a fine 2021 il prezzo medio era schizzato a quota 281,2 euro. Occorre considerare, peraltro, ogni singolo caso, perché c’è chi a dicembre è arrivato a pagare 0,444 euro al kWh.
«Le difficoltà delle aziende si ripercuoteranno sulle famiglie, non dimentichiamolo mai, dato che questi aumenti prima o poi dovranno essere scaricati. Ecco perché occorreva che il Governo affrontasse il problema. Lo ha fatto, la strada è quella giusta, ma si poteva fare decisamente di più, perché sono arrivate misure tampone, che sono legate alla contingenza e che non sono non strutturali», osserva il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio. «Teniamo presente che, fatto 100 il costo in bolletta, meno della metà è costituito dall’acquisto della materia prima, il resto da oneri di sistema non sempre legati direttamente all’energia, e poi da Iva e oneri di trasformazione. È positivo che si sia cominciato a tagliarli, ma ora serve una visione di lungo termine sulla politica energetica italiana, che passa dall’aumentare la produzione di gas fino a considerare lo sviluppo della tecnologia nucleare di quarta generazione, argomento che non deve essere più un tabù. Ma ci sono anche altri aspetti da valutare. Ad esempio, proprio in considerazione dell’aumento dei costi dell’energia, è importante che il Governo garantisca le aziende affinché non vengano richieste garanzie ulteriori a copertura dei consumi. O in alternativa, che si arrivi a un accordo tra il Governo e il sistema bancario come co-garante delle fideiussioni di garanzia che verranno chieste dai fornitori a copertura dei consumi dei clienti, visto che con il raddoppio delle bollette il sistema di garanzia di copertura del credito non sarà più applicabile. Ma si potrebbe anche prevedere una misura, sull’esempio di quanto fatto in Francia, che riformi il sistema di pricing del mercato elettrico collegandolo al costo di generazione e togliendolo dalla speculazione dei mercati finanziari. Inoltre si potrebbe favorire e supportare, all’interno del sistema produttivo, la creazione di un consorzio comune tra associazioni per negoziare con maggiore potere contrattuale il costo dell’energia: una proposta, anche questa, lanciata proprio da Confapi che, come ha sottolineato di recente il presidente nazionale Maurizio Casasco, è in prima fila per fare la sua parte, pronta a collaborare».
Sul tema, Confapi, a livello nazionale, ha appunto presentato nei giorni scorsi un dettagliato programma di proposte, che prospetta un ventaglio di soluzioni a medio termine al fine di ridurre la dipendenza energetica dall’estero. Sulla questione Confapi Padova ha sentito inoltre il parere del professor Fulvio Fontini, docente di Economia energetica e ambientale al Dipartimento di scienze economiche e aziendali “Marco Fanno” dell’Università di Padova, nella seconda parte dell’intervista dedicata al “caro energia”. Nella prima il professor Fontini ragionava sulle cause degli aumenti e sugli scenari futuri, in questa seconda parte si sofferma su come il Governo possa arginare il problema, partendo, «sul breve termine, dagli interventi relativi agli oneri impropri presenti in bolletta», per arrivare, più a lungo termine, «a nuove politiche industriali che prevedano una diversificazione delle fonti energetiche». Particolarmente interessante l’analisi del modello francese, che riesce ad «aggregare impianti diversi in un unico sistema di controllo, gestendo produzione, immagazzinamento e domanda di energia in modo efficace» e in cui «l’offerta è fornita ai distributori tramite strumenti di asta che favoriscono l’emergere di un prezzo più basso rispetto a quello marginale». Un principio che, pur tenendo conto di un contesto radicalmente diverso, potrebbe essere adottato anche da noi. «È auspicabile. In Inghilterra, ad esempio, dove le liberalizzazioni di prezzo sono iniziate prima che da noi, si sono fatti accordi fra fornitori e acquirenti - per elettricità e gas - con un orizzonte temporale più lungo, che argina il problema della volatilità dei prezzi. Giuridicamente si può fare, si può intervenire sul sistema che regola gli scambi commerciali».
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova