Nel sollevare il tema degli esigui finanziamenti stanziati a sostegno dell'industria cultura, i Giovani Imprenditori di Confapi hanno chiesto un intervento alla professoressa Paola Dubini, docente di Management delle industrie culturali ed Economia delle istituzioni culturali alla Bocconi di Milano, e a Massimo Ongaro, direttore del Teatro Stabile del Veneto. Ecco le loro riflessioni.
di Paola Dubini
I settori culturali sono stati particolarmente colpiti dalle misure restrittive di contrasto al COVID. Se si escludono le imprese che offrono servizi in streaming e alcuni siti di e-Sport e videogaming come Twitch, tutti gli altri operatori, dalle filiere dei contenuti (cinema, televisione, editoria), a quelle live (teatri, festival, concerti, parchi a tema, mostre), alle istituzioni culturali (musei, archivi, biblioteche) hanno subito un contraccolpo molto difficile da assorbire.
Gli interventi di sostegno hanno finora avuto come principale obiettivo quello di garantire la tenuta dell’offerta culturale, che si caratterizza in molti casi per grande fragilità: organizzazioni sottocapitalizzate, ampio ricorso a lavoro precario, stagionalità. Per il prossimo futuro occorre a mio modo di vedere ricordare che le organizzazioni culturali sono strumentali alla realizzazione di un modello di sviluppo sostenibile; in questi mesi è risultato evidente il loro contributo, ma ora molte di loro sono in seria difficoltà. Il loro contributo è critico in diverse direzioni:
- Costituire una comunità educante e collaborare quindi con il mondo della scuola per aiutare le comunità a imparare di più, più in fretta e in modo più articolato;
- Lavorare con operatori e istituzioni per costruire un’offerta turistica di prossimità e far conoscere il nostro paese ai residenti, in attesa che ricomincino i flussi turistici.
- Aiutare a ridurre disuguaglianze e a migliorare l’inclusione di soggetti in difficoltà, in un momento in cui tali disuguaglianze sono più evidenti
L’attrattività dei nostri territori e delle nostre comunità dipende molto dalla qualità del capitale sociale. Quanto più saremo capaci di integrare le organizzazioni culturali nelle strategie di ripartenza, tanto più il tessuto economico e sociale ne uscirà rafforzato.
di Massimo Ongaro
Dopo la prima guerra mondiale, dopo una grande epidemia che portò via 50 milioni di persone nel mondo, la città di Padova riuscì a inaugurare la sua Fiera Campionaria, la Fenice propose 14 spettacoli e la Biennale di Venezia mise in mostra i quadri di Cezanne. A Venezia il Teatro Goldoni, che nel 1909 era il terzo teatro in Italia per incassi a botteghino, non chiuse durante la guerra e nel 1922 tornò ad ospitare Eleonora Duse, mentre a Padova il Verdi, che nel 1917 venne bombardato, nel 1920 riaprì le porte al pubblico accogliendo in sala per la serata inaugurale anche sua maestà il Re Vittorio Emanuele III: i veneti di allora non si persero d'animo, anzi innovarono e accelerarono il processo di ripresa e rilancio.
Oggi si tratta di stabilire cosa vogliamo fare noi, cosa vuole fare questo territorio, che si dice essere importante quanto la Baviera, e stabilire soprattutto se credere ancora nel valore, anche economico, della cultura. Pochi giorni fa abbiamo posto le basi per costruire con Arteven, l’ente regionale preposto alla distribuzione degli spettacoli in Veneto, una piattaforma di promozione culturale per il teatro che ci permetterà di raccogliere, attraverso l’Art Bonus o con la vendita di spazi pubblicitari nei teatri del Veneto, finanziamenti privati destinati al sostegno della produzione culturale. Ora anche il territorio e i suoi imprenditori devono scegliere se investire nel teatro in particolare e nella cultura in generale, consapevoli del fatto che il fallimento della cultura di un territorio rappresenta il fallimento del territorio stesso.
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova