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CORONAVIRUS, ITALIA MALATA… DI BUROCRAZIA. IN 100 GIORNI 204 PROVVEDIMENTI: 3.812 PAGINE DESTINATE AGLI IMPRENDITORI VENETI

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CONFAPI PADOVA: «UN’EPIDEMIA DI DECRETI E ORDINANZE

TANTE CARTE, POCHI AIUTI CONCRETI»

Martedì 2 giugno “ricorreranno” i primi 100 giorni dal Decreto del 23 febbraio con cui venivano istituite le zone rosse. Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha contato gli atti che più direttamente riguardano le imprese a livello nazionale (168 documenti) e regionale (36). Il presidente Carlo Valerio: «Norme che si rincorrono e si abrogano, linguaggio involuto: così la vita si complica ancora di più». E al conto mancano ancora 110 nuovi decreti attuativi del Dl Rilancio. 

Festa della Repubblica o festa della burocrazia? Verrebbe da chiamarla così considerando che, proprio il 2 giugno, ricorrono i primi 100 giorni dall’entrata in vigore del Dl Coronavirus dello scorso 23 febbraio, che introduceva “misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19”, instaurando le cosiddette zone rosse. Di fatto è il provvedimento che ha fatto da apripista a tutti quelli che sono venuti dopo, scandendo il ritmo degli ultimi tre mesi drammatici. Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha provato a mettere in fila gli atti che riguardano più da vicino gli imprenditori veneti. Ebbene, sono usciti numeri che spaventano. Tra DPCM e decreti legge sono 19 quelli strettamente governativi, a cui aggiungere 62 tra decreti, ordinanze, circolari e informative varie ministeriali, e altri 87 documenti provenienti da Istituti, Agenzie ed Enti nazionali, per un totale di 168 provvedimenti. A questi ne vanno aggiunti altri 36 emanati dalla Regione Veneto e, focalizzandosi sulla provincia di Padova, 6 comunicazioni della Prefettura. Il totale è impressionante: 204 atti (210 considerando la situazione padovana), in pratica più di due al giorno. Ma ancora di più lo è il conto delle pagine che compongono il “malloppo”: 3.812 (3.825 con gli atti della Prefettura). Il tutto, è il caso di ribadirlo, contando esclusivamente i documenti che interessassero la sfera dell’attività imprenditoriale, e quindi non inserendo quelli relativi alla cura personale e all’organizzazione interna dei vari enti. Altra nota: non sono state considerate le numerose ordinanze emesse a livello comunale, che vengono ad arricchire ulteriormente il conto e che porterebbero il totale ben oltre le quattromila pagine. Né figurano nel conto, ovviamente, i 110 nuovi provvedimenti attuativi attesi per rendere operativo il Dl Rilancio. A proposito: è di 555 il totale gli articoli contenuti nei vari decreti nazionali, con la parte principale svolta proprio dal Dl Rilancio dello scorso 19 maggio, che ne infila da solo 266 e che, occorre precisarlo, continuerà a essere soggetto a emendamenti sino a mercoledì 3 giugno.

«All’epidemia vera si è accompagnata quella della burocrazia, che rappresenta quasi sempre l’esercizio dello strapotere dello Stato e dei suoi apparati sui cittadini, per non dire degli imprenditori», annota il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio. «Si nutre di tempo, soldi, credibilità perduta delle istituzioni, rancore dei cittadini e imbarazzo dei funzionari, almeno di quelli volenterosi. Ci è riuscita inventando un linguaggio suo proprio, quasi incomprensibile, che ha creato inceppamenti anche fra gli stessi enti, si pensi solo ai ritardi nell’erogazione della cassa integrazione per le incomprensioni fra Regione e Inps. E il punto è che non solo gli atti di cui tener conto sono troppi, e molte volte in contraddizione fra loro, ma non c’è praticamente alcun documento ufficiale che non abbia bisogno di un traduttore/interprete per venire compreso e che non sia imbottito di riferimenti ad altri atti da abrogare. Si determina una situazione paradossale: se io non capisco cosa mi viene chiesto, farò fatica a farlo, ma se anche chi mi controlla non capisce cosa dovrebbe farmi rispettare, perché è scritto male e in forma non chiara, io non potrò fare il mio dovere e lui non potrà fare il suo».

Curioso, a questo punto, prendere in esame un paio di esempi, in questo caso tratti da uno dei decreti più attesi e, a conti fatti, deludenti, di questi 100 giorni: il cosiddetto Decreto Liquidità dello scorso 8 aprile. L’articolo 13 («Fondo centrale di garanzia Pmi») è un vero “gioiello”, composto com’è da 13 commi, in cui il primo scorre dalla lettera a) alla p), con la lettera c) suddivisa a sua volta in 3 numeri. Alla lettera m) spicca un periodo di 2.300 caratteri, senza punti. Il successivo comma 2 si “limita” a essere ripartito in lettere dalla a) alla h), ma l’andazzo è lo stesso. E poi, altro elemento da considerare, proliferano ovunque le abrogazioni e i riferimenti a norme precedenti. Sempre nello stesso decreto, il comma 8 dell’articolo 18 («Sospensione di versamenti tributari e contributivi») è a sua volta emblematico: «Per i soggetti aventi diritto restano ferme, per il mese di aprile 2020, le disposizioni dell’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, e dell’articolo 61, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, per i mesi di aprile 2020 e maggio 2020, le disposizioni dell’articolo 61, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18. La ripresa della riscossione dei versamenti sospesi resta disciplinata dall’articolo 61, commi 4 e 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18».

Per quanto riguarda il conto degli articoli nei decreti governativi, come detto, il “capolavoro” è il recente Decreto Rilancio, che ne assomma 266, con 600 diversi provvedimenti per smuovere 55 miliardi, a fronte, ad esempio, dei 100 provvedimenti del Cares Act americano per 2.300 miliardi di dollari. «E non serve essere un critico letterario per affermare che la qualità della prosa è alquanto scadente, inzeppata di formule ambigue («i congiunti», oppure il termine «coreutica» al posto del più comune «danza») e norme ordinate per Ministero (ad esempio Mise o Lavoro) e non per obiettivo. Non a caso ad accompagnarlo ci sono altre 200 (!) pagine di relazione tecnica», chiosa Valerio. «E diciamo tutto questo senza considerare che la gestione dell’emergenza è stata declinata in modo diverso fra lo Stato e le varie Regioni. Ne emerge un quadro in cui la Pubblica amministrazione è in affanno totale. Questa era già la nazione in cui un imprenditore impiega 238 ore annue per pagare le imposte, il 46% in più della media Ocse. L’emergenza ha reso la situazione ancora più grave. Ne esce il ritratto di un’Italia malata, sì, ma di burocrazia».

Leggi il testo completo dello studio di Fabbrica Padova

Ampio risalto dai media allo studio:

AZIENDE TRAVOLTE DA 210 NORME COVID - IL GAZZETTINO DI PADOVA (PRIMA PAGINA E SERVIZIO INTERNO), 2 GIUGNO 2020

"TROPPE CARTE, POCHI AIUTI CONCRETI" - IL GAZZETTINO DI PADOVA, 2 GIUGNO 2020

TRA NORME E DECRETI 210 ATTI - IL MATTINO DI PADOVA, 2 GIUGNO 2020

CORONAVIRUS, ITALIA MALATA DI (MALA) BUROCRAZIA - ILNORDESTQUOTIDIANO, 2 GIUGNO 2020

COVID: 210 DECRETI IN 100 GIORNI - PADOVAOGGI, 1 GIUGNO 2020

CONFAPI: IN 100 GIORNI 204 PROVVEDIMENTI - TGPADOVA, TELENUOVO, 1 GIUGNO 2020

CONFAPI: “UN’EPIDEMIA DI DECRETI E ORDINANZE, TANTE CARTE, POCHI AIUTI CONCRETI”- IMPRESENORDEST, 1 GIUGNO 2020

LA VERA EMERGENZA E' LA BUROCRAZIA - LA VOCE DI ROVIGO, 1 GIUGNO 2020

CORONAVIRUS: ITALIA MALATA DI BUROCRAZIA - CONFAPI.ORG, 1 GIUGNO 2020

Diego Zilio

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

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