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FASE 2, MISURE E STRUMENTI PER LE PMI VENETE

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Gli interventi di Marcato, Crisanti e Crosta al webinar di Confapi

Relatori di prestigio al webinar organizzato martedì 28 aprile dall’Associazione, dedicato all’analisi del Dpcm del 26 aprile. Ad aprire i lavori gli interventi di Roberto Marcato, Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Veneto («Innesteremo altri 28,5 milioni di euro attraverso i confidi), del professor Andrea Crisanti, Direttore Microbiologia e Virologia dell’Università di Padova («Nell’interesse delle aziende seguire il protocollo di sicurezza») e di Roberto Crosta, Segretario Generale della Camera di Commercio di Padova («Allo Spisal chiederemo regole semplici e applicabili»), mentre Giorgia Vidotti, Direttore Direzione Industria e Artigianato, Regione Veneto, ha annunciato le linee che saranno seguite nei prossimi bandi.

MARCATO: «I CODICI ATECO? ANDAVANO SUPERATI».

«Mai come in questo momento di crisi è emersa l’esigenza di una revisione complessiva nel rapporto tra Stato e Regioni», ha sottolineato l’assessore Marcato. «Adottare provvedimenti omogenei a prescindere dalla situazione contingente delle varie aree del Paese non ha senso. È del tutto evidente che il Veneto, in cui il 97% delle imprese ha meno di 10 dipendenti, ha necessità diverse dal Piemonte, guidato dalla grande industria. Così come è evidente che il quadro è diverso per regioni che hanno avuto migliaia di vittime e per quelle che ne hanno avuto poche decine. Che senso ha pensare che l’imprenditore di Padova e quello di Caltanissetta debbano sottostare agli stessi provvedimenti? Proprio questa emergenza ridà forza alla necessità di arrivare all’autonomia».

«Oggi», ha proseguito l’assessore, «tutti stiamo chiedendo interventi diretti a fondo perduto al Governo, e la risposta che arriva è: non ci sono risorse. Ma il punto è che non ci sono risorse se pensiamo di darne indistintamente a tutti, persino ai lavoratori in nero, come qualcuno ha suggerito. Ora mi chiedo: è immaginabile che la mia piccola azienda non possa ricevere i 10 mila euro di cui ha bisogno perché finiranno magari nelle tasche di dieci lavoratori in nero?».

Ma quali saranno le prossime misure adottate dalla Regione per sostenere le imprese? «Innesteremo 28,5 milioni di euro attraverso i confidi nel microcredito, ma stiamo studiano assieme alle Camere di commercio altre misure specifiche. Continuiamo a lavorare incessantemente per trovare strumenti per dare risposta alla precisa richiesta di maggiore liquidità che ci giunge dalle nostre imprese. Da tempo sta raccogliendo esigenze e preoccupazioni degli imprenditori e più in generale delle categorie economiche e in base alle risorse a disposizione predisporremo dei pacchetti d’intervento per aiutarle. Parallelamente avanziamo le richieste del territorio al Governo, per quanto l’interlocuzione sia difficile. E lo si è visto con l’ultimo Dpcm: tutte le Regioni avevano richiesto di superare i codici Ateco, la discriminante è poter lavorare in sicurezza. Mi dovete spiegare ad esempio perché il commerciante che ha un negozio ampio e può scaglionare gli ingressi non può aprire! È stato perso altro tempo. Pensate a incongruenze clamorose del decreto: gli agenti di commercio possono lavorare, ma i negozi sono chiusi. E allora dove li mandiamo?».

CROSTA: «25 MILIONI IMMESSI IN CIRCOLO DAL SISTEMA CAMERALE»

Roberto Crosta in apertura al suo intervento ha sottolineato come una gestione sbagliata della crisi rischi di far perdere quote di mercato alle imprese. «Pensiamo in particolare a chi vive di export: se una nostra azienda non può esportare, chi, all’estero, ha bisogno dei suoi prodotti non la aspetta, semplicemente si rivolge altrove. Come Camera di Commercio abbiamo cercato e stiamo cercando di fare tutto il possibile per arrivare a soluzioni di buon senso. Tra i nostri compiti c’è stato quello di essere di supporto alla Prefettura: abbiamo provato a spiegare come funzionano alcune realtà e cosa significa lavorare in una filiera, anche grazie al coinvolgimento di tutte le associazioni di categoria. A breve pubblicheremo un bando che metterà a disposizione 3 milioni attraverso i consorzi fidi: complessivamente il sistema camerale veneto arriverà a immettere 25 milioni assieme alla Regione».

Ma non è tutto. «Una delle poche cose positive che ci ha lasciato il coronavirus è la consapevolezza della necessità di lavorare assieme e noi stiamo cercando sempre più di fare rete anche con altri soggetti, tra cui l’Interporto, per l’acquisto dei dispositivi di protezione, a partire dalle famigerate mascherine ma non solo da quelle, puntando su quantità appetibili per chi li fornisce, in modo da calmierare i prezzi. Il nostro appello è lo stesso dell’assessore Marcato: il Veneto conta su una classe imprenditoriale altamente responsabile, che ha bisogno di aiuto, ma il primo aiuto che chiede è semplicemente quello di essere messa in condizione di lavorare».

Sarà archiviata la fase delle continue comunicazioni Governo-Prefettura? «Mi auguro che siano almeno ridotte. Spero non rimangano, ma se non sarà così saremo a disposizione per risolvere problemi cercando le vie più brevi. L’obiettivo è che tutto avvenga in sicurezza, ma che il sistema riparta. Il 5 maggio avremo un incontro allo Spisal per affrontare la questione dei controlli: stiamo chiedendo regole semplici e applicabili e che sia evidente a tutti cosa deve essere controllato. Partiamo dal presupposto che il 99,9% degli imprenditori sta lavorando bene, non possiamo criminalizzare una classe per uno che non si comporta in modo adeguato».

CRISANTI: «LA VERA SFIDA A OTTOBRE»

Col professor Crisanti, l’uomo che ha collaborato con il presidente Zaia nell’elaborare il modello Veneto di contrasto al Covid-19, è stata affrontata più nello specifico la questione delle misure di contrasto al virus da adottare in azienda. «Chi si deve sottoporre ai tamponi in azienda? In primo luogo chi va assolutamente protetto, e penso ad esempio al management e agli individui che l’impresa ritiene assolutamente indispensabili al suo funzionamento. E poi i dipendenti a rischio: in genere persone giovani, che usano i mezzi pubblici e non sono sposate, perché sono le figure che hanno più occasioni di incontro con altri e che vanno monitorate, perché è più facile entrino in contatto con chi è già contagiato. E poi non mi stancherò di ripetere l’importanza di mascherina e guanti e consiglio di chiudere mensa e macchinette-distributrici, perché sono difficili da controllare adeguatamente».

Moltissime le domande poste dai partecipanti al webinar. Tra le tante: i tamponi diventeranno obbligatori e quanto durerà la fase 2? «Domanda collegata, perché se i casi dovessero aumentare non credo che la società potrà accettare un nuovo lockdown, per cui immagino che a quel punto le misure più stringenti saranno prese per le aziende. Al momento non esistono obblighi di alcun tipo, ma se la curva dovesse risalire sarà inevitabile adottarne. Noi riapriamo con lo stesso numero di casi con cui siamo andati in quarantena, la differenza è che ora sono in calo e non crescita, ma sono in calo perché, appunto, era tutto chiuso. Ecco perché è nell’interesse stesso delle aziende mettere in opera tutte le misure restrittive consigliate. Sembra, anche se non è ancora confermato, che il livello di trasmissione del virus sia sensibile alla temperatura. In ogni caso la vera sfida arriverà con ottobre e novembre, e negli 8 mesi successivi».

Sulle misure da adottare in azienda: «Bagni, mense e qualsiasi altro luogo in cui il personale si intrattiene deve essere sanificato sia all’entrata che all’uscita, garantendo anche una tracciabilità di quanto viene fatto. Per quanto riguarda il luogo di produzione la questione è molto più complessa, anche per le dimensioni, e qui il consiglio è quello di effettuare campionamenti delle aree. Il problema riguarda eventuali contagi, per cui un’azienda deve già proiettarsi su come comportarsi se dovessero verificarsi». Il vaccino può essere una soluzione, ma non è il caso di cadere in preda alle illusioni: i tempi potrebbero essere lunghi. «Non per tutte le malattie è possibile arrivarci, pensate all’Aids. Però è stato possibile giungere a farmaci che lo hanno ben arginato. E, comunque, se sarà possibile produrlo, tenete conto che una volta pronto servono in genere due o tre anni e un altro per la “logistica” nella distribuzione. Il vaccino dell’influenza, per esempio, disponibile in farmacia a ottobre, è in realtà sviluppato 5 mesi prima, e in quel caso c’è già la catena produttiva pronta».

Diego Zilio

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

 

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