Intervista a Flavio Rodeghiero, l’inventore del nome “Urbs Picta”
Padova “Urbs Picta” per certi versi è una “invenzione”, «un binomio di parole latine sintetiche ma efficaci». Flavio Rodeghiero, docente, giornalista, già deputato della Repubblica Italiana, nonché componente della Giunta di presidenza di Confapi Padova, era Assessore alla Cultura e al Turismo nel 2014, quando il Comune iniziò il vero e proprio lavoro di squadra per costruire il sito seriale.
«Ma già prima di diventare assessore, nel 2006, abbiamo impostato, insieme al collega architetto Gianni Perbellini di Verona, un’ipotesi di candidatura Unesco per conto dell’Associazione città murate del Veneto, dossier che poi abbiamo anche pubblicato con la Casa editrice Cierre di Verona nel 2011 (“Città murate del Veneto”)», spiega Rodeghiero. «Dal 2006 abbiamo incontrato più volte l’allora direttore del centro del patrimonio mondiale Unesco, il professor Francesco Bandarin, il Presidente della Commissione Italiana per l’Unesco, professor Giovanni Puglisi, e i funzionari dell’Ufficio Unesco del Ministero Beni e Attività Culturali architetto Adele Cesi e architetto Manuel Guido: già a quel tempo l’Unesco ci aveva indicato chiaramente che l’orientamento era di approvare solo candidature seriali. Contatti che ho ripreso quando sono diventato assessore alla cultura nel 2014».
A quel tempo come si è mosso?
«Abbiamo lavorato sulla “squadra”. In particolare assieme all’architetto Bandarin, che nel frattempo era diventato vice direttore generale dell’Unesco per la cultura, e con gli stessi funzionari del ministero. Mi sono impegnato soprattutto a costruire, secondo le loro indicazioni, una rete solida con la Diocesi, l’Arca del Santo e l’Accademia Galileiana, perché questo sito seriale potesse configurarsi in maniera concreta. In quel momento ho individuato il nome di Urbs Picta come riassuntivo della candidatura, anche se è vero che dice molto in un contesto culturale mentre per la promozione a un pubblico vasto - e non sempre di cultura umanistica europea - oggi si dovranno usare altri termini».
Si stima che il “bollino” Unesco valga circa un 20% di presenze turistiche in più. Quali sono i passi da fare sul piano della promozione?
«La Cappella degli Scrovegni è in costante overbooking, la sfida pertanto è quella di riuscire ad attrarre e distribuire i visitatori in vari luoghi della città: proprio per queste ragioni concentrarsi troppo sul solo Giotto rischia di tradursi in un boomerang. Ora serve portare il turismo nei luoghi più diffusi, promuovendo il contesto. E lo sottolineo, appunto, perché non stiamo parlando dell’Orto Botanico - riconosciuto patrimonio Unesco nel ’97 - che nel 2009 contava su 50 mila visitatori, nel 2014 su 95 mila e oggi su 200 mila, un’area che aveva e ha i margini per crescere, ma di una realtà diversa. E poi, se permettete, serve anche un cambio di passo generale».
Ovvero?
«Va rimarcato come questo riconoscimento di eccezionalità debba essere volto e interpretato anche nello spirito, con la città che deve spogliarsi di ogni provincialismo e autoreferenzialità. Imparando a fare squadra sul serio e coinvolgendo tutte le forze del territorio, comprese ovviamente l’Università e le associazioni imprenditoriali. La sfida è anche quella di imparare a fare relazione, e quindi marketing e promozione».
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova