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GELAIN (INTERPORTO): «CHI DECIDE SULLA TAV DIMOSTRI LA STESSA LUNGIMIRANZA CHE HA AVUTO CAVOUR»

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Prosegue il dibattito sul tema delle infrastrutture in Veneto. Dopo l’intervista al professor Dughiero, Confapi Padova ha chiesto un intervento a Sergio Gelain, presidente di Interporto Padova (che nel 2018 ha movimentato quasi 292 mila container). Gelain (Interporto Padova): «Agevolare il trasporto su rotaia è una scelta lungimirante. Non è il Veneto a rischiare di essere tagliato fuori dallo sviluppo, ma tutto il Nord. Non mi rassegno ad una visione fatta di isolamento e assenza di ambizioni. Ma non basta costruire nuove linee e adeguare le esistenti per assistere magicamente ad un passaggio in massa delle merci dalla strada alla ferrovia»

di Sergio Gelain 

Non c’è dubbio che quella delle infrastrutture sia una questione chiave per l’economia della nostra Regione.  Lo sono le infrastrutture materiali, ferrovie, strade, porti e interporti, ma anche infrastrutture immateriali come sono oggi le connessioni alla rete internet.

Il dibattito di questi ultimi mesi si è focalizzato sulla realizzazione o meno della Torino-Lione, come se questo collegamento e il tunnel di base che ne è la principale opera  fossero un qualcosa di avulso da una rete ferroviaria europea, che è fortunatamente sempre più interconnessa e interoperabile, cioè con gli stessi standard tecnici in Italia come in Francia o Germania, in modo che si possano usare le stesse locomotive - e speriamo, a breve, anche gli stessi macchinisti - senza fare cambi alle frontiere.  Vengo subito al nocciolo della questione: come Interporto di Padova siamo assolutamente favorevoli alla realizzazione della Torino Lione e alla costruzione del nuovo Tunnel di Base, che permetterà di trasportare merci senza le limitazioni tecniche imposte dalla galleria del Frejus ancora in esercizio dopo 149 anni.  A noi non interessa tanto la velocità che sarà sfruttata dal trasporto viaggatori quanto l’aumento di capacità per il transito dei treni merci che viaggeranno a 120 km/h, ma potranno essere di più, più lunghi e con costi di realizzazione decisamente minori. Sarà sufficiente una sola locomotiva, ad esempio, al posto delle due o tre che si devono impegnare oggi. Il tunnel attuale, oggi, ha pendenze e curve insostenibili e anche a causa della sua vetustà, le sacrosante norme di sicurezza impongono una limitazione al numero dei treni che lo possono percorrere.  Ha svolto molto bene il suo compito, ma è ora di guardare avanti. Se Cavour avesse ragionato come fa oggi chi è contrario alla Torino - Lione, guardando alla quantità di merci che nel 1857 scavalcava le Alpi, non avrebbe certo investito 41 milioni, una somma enorme per l’epoca, per realizzare l’opera che allora, ricordo era una sfida ingegneristica senza precedenti. Cavour disse, esplicitamente, che il tunnel doveva essere visto in prospettiva per almeno cent’anni.  Ecco mi piacerebbe che oggi, chi deciderà, abbia la stessa capacità di guardare al futuro che ebbero i nostri bisnonni 150 anni fa.

Ma oltre alla Torino - Lione dobbiamo certamente completare anche l’Alta Velocità tra Brescia, Verona e Padova, ultimo segmento che manca tra Torino e Venezia.  In questo caso i due nuovi binari dell’alta velocità saranno riservati ai Freccierossa liberando così spazio per più treni merci, ma anche passeggeri regionali sulle linee storiche. Così come è necessario che non ci siano ripensamenti e ritardi nella realizzazione del Tunnel di Base del Brennero che ricordo è una delle porte fondamentali  per i nostri scambi commerciali con l’Europa.  

Alla domanda se, in questa fase, come Veneto rischiamo di rimanere tagliati fuori dallo sviluppo, magari a scapito di regioni limitrofe come l’Emilia Romagna, rispondo che non credo a breve ci possano essere delle ripercussioni di questo genere, piuttosto vedo un rischio per l’economia dell’intero Paese e naturalmente di tutte le regioni del Nord dove l’economia è più sviluppata e molto orientata all’export.

Come Interporto di Padova ovviamente ci concentriamo molto sul trasporto ferroviario e in particolare sull’intermodalità tra il treno e il trasporto stradale.  Le merci viaggiano sempre più in container e casse mobili che vengono spostate da un mezzo all’altro senza grosse difficoltà. Ma l’adeguamento delle linee ferroviarie, anche interne oltre che internazionali, permette oggi di caricare sul treno anche i semirimorchi completi. La ferrovia non è e non deve essere vista come un nemico dei camion, ma come un alleato. Le lunghe distanze si fanno su treno, gli ultimi 50-100 km su strada mettendo i container su un camion o agganciando il semirimorchio ad un trattore stradale per l’ultima tratta, come facciamo tutti i giorni in Interporto a Padova. Anche nel 2018, anno in cui abbiamo messo in funzione le nuove gru elettriche a portale, il numero di container che abbiamo movimentato è aumentato toccando le 291.902 unità. C’è poi la questione ambientale alla quale nessuno di noi può sottrarsi. Lo vediamo in questi giorni con i blocchi al traffico in tutte le città della Pianura Padana. Il trasporto ferroviario è assolutamente meno inquinante di quello stradale ed è anche per questo che è davvero incomprensibile come non si capisca che agevolare il trasporto merci su treno sia una scelta lungimirante per il futuro.

Su questo però voglio spendere una parola in più: non basta costruire nuove linee e adeguare le esistenti per assistere magicamente ad un passaggio in massa delle merci dalla strada alla ferrovia. Bisogna fare in maniera coerente e per un lungo periodo di tempo, una politica trasportistica che favorisca il trasporto merci su ferro per renderlo competitivo anche da un punto di vista economico col tutto gomma. Ricordo che la ferrovia è un sistema dove la sicurezza è a livelli altissimi, e questo ha degli inevitabili costi. La deregulation che vediamo nel trasporto su strada, con imprese che dai paesi dell’Est vengono a fare cabotaggio in Italia, pagando gli autisti stipendi miseri e spesso ignorando regole di base come quelle dei tempi di guida, ci dice che c’è necessità di politiche attente alle reali dinamiche dei mercati attuali.

Come Interporto Padova ci siamo posti il duplice obiettivo di essere sostenibili sul versante economico (e i nostri bilanci da anni in attivo lo certificano) e su quello ambientale. Anche perché è lo stesso mondo produttivo che richiede sempre più che le merci viaggino in modo “sostenibile”. Abbiamo realizzato il più grande impianto fotovoltaico su tetto d’Italia utilizzando le coperture dei nostri magazzini, abbiamo ideato e gestiamo Cityporto il servizio di distribuzione urbana delle merci a Padova con veicoli ecologici che è un esempio di efficienza a livello europeo, abbiamo realizzato con Liquimet il primo distributore pubblico di metano liquido per camion in Italia. Un distributore che ha visto crescere nello scorso anno quasi del 50% i volumi di metano liquido venduti agli autotrasportatori.

Penso quindi che abbiamo la forza, come Interporto di sostenere le necessità logistiche delle imprese venete e del Nord Est, anche in sinergia con gli altri poli della Regione a partire dal Porto di Venezia e dell’Interporto di Verona con i quali facciamo sistema. Mi auguro quindi che prevalga il buon senso e si guardi alle infrastrutture per quello che sono davvero, strumenti per mantenere e sviluppare la nostra economia e quindi il benessere di tutti noi per il futuro. Non mi rassegno ad una visione fatta di isolamento e assenza di ambizioni.

SUL TEMA “INFRASTRUTTURE” LEGGI ANCHE L’INTERVISTA AL PROFESSOR DUGHIERO: «SENZA INFRASTRUTTURE PERDIAMO COMPETITIVITÀ»

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

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