I dazi del 25% sulle auto esportate negli Stati Uniti colpiscono una filiera già provata. Ma crescono i timori per l’intero interscambio transatlantico, primo canale commerciale extraeuropeo per il Nord Est. Il presidente di Confapi Padova Marco Trevisan: «L’Europa non si divida ma nel frattempo è improcrastinabile per le imprese diversificare i mercati di sbocco. Con SACE e Simest collaboriamo per sostenere gli investimenti delle nostre pmi in internazionalizzazione e digitalizzazione in un contesto competitivo sempre più critico». Sul tema, Fabbrica Padova ha raccolto gli autorevoli interventi del professor Roberto Antonietti, docente di Economia politica all’Università di Padova, e di Christoph Ahlhaus, presidente della Confederazione europea delle PMI.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato dazi del 25% sulle auto importate: «È l’inizio della liberazione dell’America», ha promesso, aggiungendo che entreranno in vigore dal 2 aprile e che, grazie a essi, gli Usa incasseranno «tra i 600 milioni e un trilione di dollari in due anni». Le minacce elettorali si stanno quindi trasformando in cruda realtà. Ma quali saranno le ripercussioni per la manifattura padovana e veneta? Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha messo in fila alcuni dei dati più significativi e raccolto gli interventi di Christoph Ahlhaus, presidente della Confederazione europea delle PMI, e del professor Roberto Antonietti, docente di Economia politica all’Università di Padova, la cui approfondita analisi evidenzia come quella di Trump, al di là delle “sparate” politiche, sia in realtà una strategia a lungo termine legata sia alla svalutazione del dollaro che all’acquisto dei bond americani, e mirata a portare i vari paesi a negoziare.
Nel 2024 circa il 20% delle auto vendute negli Stati Uniti erano di produzione europea, con un ruolo preponderante della Germania, che, secondo i dati del Dipartimento del commercio americano, ha esportato veicoli per un valore di 24,8 miliardi di euro. Come noto, la filiera produttiva italiana è strettamente collegata a quella tedesca, tanto che attualmente tra il 10% e il 30% dei componenti di un’auto prodotta negli stabilimenti di Bmw, Volkswagen o Mercedes proviene dall’Italia. Pertanto, i dazi statunitensi, che potrebbero riguardare anche le componenti, hanno un impatto significativo sia diretto che indiretto sul nostro sistema industriale. Nello specifico, sono 56 le imprese coinvolte direttamente nel settore automotive del territorio padovano e più di duemila (2.065) quelle interessate dalla filiera. Allargando la prospettiva all’intero Veneto si sale a 306 imprese produttive nel settore automotive, attive soprattutto (182) nella fabbricazione di parti e accessori per gli autoveicoli e i loro motori. Ma sono 11.283 quelle che compongono la filiera regionale, che comprende la produzione di auto e componentistica, ma anche la commercializzazione e i servizi post-vendita, dando lavoro a 26.420 dipendenti, quasi 5 mila dei quali sono padovani. Lo attesta Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, che, partendo dai dati Istat e Unioncamere del Veneto relativi agli insediamenti nel territorio, ha così calcolato quante imprese potrebbero pagare ripercussioni.
Allargando l’analisi agli altri settori, occorre dire che oggi gli Stati Uniti rappresentano per l’export del territorio il terzo mercato di sbocco (dietro a Germania e Francia), facendo entrare nelle casse delle imprese venete un valore che, nel 2023, ha superato i 7.56 miliardi, di cui 1,23 legati alle esportazioni padovane (mentre le importazioni ammontavano invece a 152 mila euro, con un surplus, quindi, di quasi un miliardo e 100 milioni). I settori più esposti includono moda, mobili, legno, metalli e altre manifatture, dove la provincia ha una presenza significativa. Ma, come rimarcato, l’incidenza delle esportazioni dirette negli Stati Uniti sono solo uno degli aspetti da prendere in esame, perché, come rimarcato, su ogni prospettiva incide la stretta connessione esistente tra l’economia italiana e quella della Germania, in particolare attraverso la subfornitura meccanica: negli ultimi due anni la recessione tedesca è costata all’Italia 2 decimi di Pil, a causa della significativa contrazione dell’export verso il Paese. Le esportazioni venete verso la Germania nel 2023 hanno superato gli 11 miliardi, mentre quelle delle imprese padovane ammontavano, da sole, a 1,8 miliardi.
In un recente studio, Fabbrica Padova ha già stimato il possibile “danno” per l’economia del territorio, basandosi sulla prospettiva ipotizzata dalla società di consulenza e ricerca economica Prometeia, che tiene conto di due diverse ipotesi. Nel complesso, il ricorso alle politiche protezionistiche annunciato da Trump potrebbe far perdere alle imprese padovane almeno 76 milioni di euro, che diventano 465 milioni se si allarga la prospettiva all’intero Veneto. Ma è solo lo scenario meno fosco, perché ce n’è anche un altro, che presenta un conto di 132 milioni per il territorio provinciale e di 812 per quello regionale. A livello nazionale, con le esportazioni verso gli Usa che nell’ultimo anno hanno superato i 67 miliardi di euro, l’aggravio sarebbe di 4,12 miliardi col primo scenario, che salirebbero a 7,20 miliardi col secondo.
«Quello che il presidente Trump non sembra considerare sono le ripercussioni che ci saranno: ritorsioni, effetti inflazionistici, interruzioni nelle catene di approvvigionamento e, soprattutto, una contrazione di quelle stesse importazioni che intende tassare. I dati che abbiamo preso in esame attraverso il nostro centro studi lo confermano chiaramente», afferma Marco Trevisan, presidente di Confapi Padova. «Questa situazione richiede un’approfondita e urgente riflessione sul futuro del nostro sistema industriale, anche perché, se la misura oggi riguarda l’automotive, è probabile che si estenda a breve ad altri settori, come minacciato dal presidente Trump, che ha citato farmaceutica e legno, dopo aver già colpito acciaio e alluminio e messo in ginocchio le esportazioni vinicole. Per il comparto manifatturiero veneto, fortemente orientato all’export, provvedimenti di questo tipo rappresenterebbero un ulteriore ostacolo alla capacità competitiva delle nostre imprese sui mercati internazionali: è evidente che un aumento dei dazi rischierebbe di destabilizzare l’equilibrio economico, colpendo interi settori produttivi e mettendo a dura prova la solidità del nostro tessuto industriale. Occorre una risposta coordinata a livello europeo e, in questo senso, va rimarcato quello che forse è l’unico effetto positivo che hanno apportato le continue minacce del presidente Trump: risvegliare l’Europa dal letargo in cui era precipitata e ricompattarla dopo anni in cui i campanilismi sono spesso stati privilegiati a discapito dell’interesse comune. Di fronte ai dazi, è essenziale agire con prontezza per scongiurare una guerra commerciale, approfondendo tutte le opzioni, perché il focus deve restare su un dialogo costruttivo con Washington. È essenziale che l’Europa mostri compattezza e forza negoziale, tutelando il libero scambio e una concorrenza equa. Parallelamente, diventa ancora più cruciale il ricorso a interventi come il supporto all’export, incentivi per la diversificazione dei mercati e investimenti in innovazione e digitalizzazione. Diversificare diventa cruciale e, in questo sforzo corale, che coinvolge Governo, Ice e tutti gli enti che lavorano con l’estero, un ruolo di primo piano lo rivestono proprio le associazioni di categoria come la nostra, chiamate ad accompagnare le imprese, indicando la rotta, collaborando con SACE e Simest».
Sul tema, Fabbrica Padova ha raccolto anche l’analisi del professor Roberto Antonietti - Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali “Marco Fanno” dell’Università di Padova, dove insegna Istituzioni di Economia Politica, Economics of Innovation ed Economic Globalization and Human Rights («Quella di Trump è una strategia a lungo termine per portare tutti a negoziare»), e di Christoph Ahlhaus, presidente dell’European Entrepreneurs CEA-PME, la Confederazione europea delle PMI («No a ritorsioni reciproche, sì a immediati negoziati da parte dell’UE»).
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova