La testimonianza di Giovanni Magarotto (T. T. Tomorrow Technology): «Neanche i miei clienti russi pensavano che si sarebbe arrivati a questo punto»
Quello che si temeva è accaduto: è guerra tra Russia e Ucraina. E alla preoccupazione per i costi in termini di vite umane si aggiunge quella economica, perché le ripercussioni saranno pesantissime. Anche per noi. Abbiamo raccolto la testimonianza sul tema dell’imprenditore Giovanni Magarotto, titolare della T. T. Tomorrow Technology SpA di Due Carrare, che ha rapporti diretti con la Russia («Ci sono stato almeno una quarantina di volte negli ultimi trent’anni, soprattutto a Mosca e in Siberia»).
Avete in ballo commesse attualmente?
«Sì, con la Rusal, il più grosso produttore mondiale di alluminio primario, un’impresa da diversi miliardi di fatturato in mano a un gruppo privato molto vicino al presidente Putin. Con loro abbiamo rapporti da una decina d’anni e tra un paio di settimane quattro ingegneri della nostra azienda sarebbero dovuti andare nei suoi stabilimenti nella Siberia meridionale. Ovviamente non li farò partire».
Di che prodotti parliamo?
«Noi ci occupiamo di tecnologia per la produzione di metallo, in questo caso, appunto, di alluminio. Le macchine vengono smontate in modo da poterle trasportare a pezzi e poi rimontate nella sede di utilizzo. Sono macchine di processo, piuttosto complesse, che lavorano 24 ore su 24 per quindici o vent’anni. E la nostra presenza sul posto è indispensabile, perché c’è bisogno di formare chi le dovrà far funzionare».
Di che cifre parliamo?
«Abbiamo circa due milioni di euro di forniture pronte per la spedizione, con lettere di credito garantite e confermate da banche italiane e pagamenti che passano da Gazprombank, istituto che, fortunatamente, al momento non è tra quelli soggetti a embargo. Ma i pagamenti mi saranno saldati solo dopo la spedizione. Altro aspetto il lievitare dei costi: prima un camion che partiva da qui mi costava 7 mila euro, oggi per il fattore rischio, per il costo carburante e per la stessa limitata disponibilità, me ne costa 12 mila. E ho una ventina di camion che dovevano raggiungere la Russia. Capite bene che la nostra preoccupazione, oltre che legata alle evidenti questioni umane, è quella di perdere competitività rispetto ai concorrenti americani e cinesi».
Quanto incide l’export verso la Russia sul vostro fatturato?
«Su 10 milioni di euro di fatturato annuo, l’export russo incide per il 30%. Oltre a queste commesse ce ne sono dell’anno scorso e per il prossimo: tra il 2023 e il 2024 abbiamo sul tavolo forniture per 6 milioni di euro. Tenete conto che i nostri progetti si sviluppano nell’arco di 12 mesi, non dall’oggi al domani».
Dai suoi contatti con gli imprenditori russi aveva maturato il sentore che la guerra fosse imminente?
«No. I nostri clienti mi spiegavano che gli interessi americani in Russia sono talmente alti e nei settori più vari - dalle catene McDonald’s alla presenza nelle costruzioni e nei software - che un conflitto sembrava improponibile. Nel giro di quarantott’ore, però, la situazione si è ribaltata. Personalmente sono preoccupato anche perché mi sembra più una prova di forza politica che economica, fra gli Usa che vogliono allargare la sfera d’influenza della Nato e Putin che ha mire da zar e deve far vedere che non scherza, e da anni sta preparando la Russia a essere quanto più possibile autonoma. Ma i costi poi li pagheremo noi europei, col lievitare ulteriore del prezzo dell’energia, a partire dal gasolio».
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova