Tiburli (Unionmeccanica Veneto): «Non sprechiamo l’opportunità data dai fondi del Recovery Fund»
Trasporti su acqua: della Padova-Venezia si parla dal 1950, ma tutto è bloccato. A fine luglio i deputati veneti hanno fatto passare una mozione che impegna il Governo a finire l’opera. Sarà la volta buona? Sul tema, il settimanale diocesano d’approfondimento “la Vita del popolo” ha interpellato anche il Presidente di Unionmeccanica Veneto Andrea Tiburli, che ha sottolineato: «Venezia sta perdendo il suo porto; Padova, potenzialmente l’interporto più grande d’Europa, non ha uno sbocco al mare. La necessità è assoluta, ma non riusciamo a completare l’opera. Chissà, forse il lavoro è troppo piccolo, non interessa ai grandi appaltatori. Vedo tanti progetti bloccati per Venezia. Poi c’è la burocrazia. So bene che adesso è stata approvata la mozione alla Camera che impegna il Governo, impegno preso già altre volte, ma stavolta abbiamo l’occasione del Recovery Fund».
Di seguito, parte dell’interessante reportage del giornalista Mariano Montagnin sul tema.
Far viaggiare le merci sull’acqua è senz’altro un’ottima idea: spesso risulta conveniente, alcune volte è l’unica alternativa possibile. La Regione Veneto ha annunciato di avere trasportato lungo la rete delle idrovie venete due grandi reattori in acciaio, partiti da Mantova e arrivati a Venezia, navigando per 180 chilometri prima sull’idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco, poi sulla Po-Brondolo, e infine per 40 chilometri in laguna prima di arrivare a Marghera. “Questi trasporti fluviali sono testimonianza di come le linee navigabili venete siano idonee a trasporti eccezionali della V classe”, ha affermato la vicepresidente e assessore alle Infrastrutture e Trasporti, Elisa De Berti.
Approfondendo la notizia, la “rete delle idrovie venete” è in realtà poca cosa: se si eccettua il percorso, che entra in Veneto a partire da Rovigo e attraverso il Po Brondolo arriva a Chioggia e poi in laguna, restano la Litoranea, che va da Venezia a Grado, e la parziale navigazione del fiume Brenta, entrambi percorribili solo da mezzi turistici.
C’è, invece, una grande incompiuta: l’idrovia Padova-Venezia, un’opera poco costosa, ma in grado di evitare la costruzione di una camionabile sul suo sedime, di trasformare Padova in uno degli interporti più grandi d’Europa e dare a Venezia un’alternativa al porto interno alla laguna; oltre alla funzione di canale scolmatore per le acque del Brenta e Bacchiglione, che, in caso di esondazione, si scaricano attualmente su Vicenza e Padova. Sono solo 27 chilometri, ma in grado di rivoluzionare il traffico merci del Veneto e di tutto il Nord Italia. In “barca” si potrebbe arrivare a Milano da una parte, e, dall’altra, uscendo in mare aperto, toccare il possibile porto esterno di Venezia, quello che chiamano offshore (un’intuizione dell’ex sindaco Paolo Costa), di cui tanto si discute senza fare nulla.
Tutto è bloccato, lasciando perdere che, nelle more di una indecisione sulle grandi navi, Venezia ha perso attrattiva come porto logistico europeo, travolta dal dinamismo di Trieste e Capodistria e dalla potenza di Genova. Dell’idrovia Padova-Venezia si parla dal 1950 e finora è stata realizzato il 60 per cento dell’opera. Purtroppo, è ridotta a una serie di monconi inutilizzabili e le opere realizzate sono andate in deperimento, ci sono chiuse abbandonate e centraline ormai inutilizzabili.
La Regione Veneto scioglie il consorzio Idrovia e tra il 1989 e il 1993 realizza il sottopasso del canale Orsaro e la banchina del porto di Padova, con il terminale della Ferrovie dello Stato. Spende 80 miliardi di lire, l’euro non esisteva ancora. Nel piano trasporto del 2004 della Regione Veneto si parla di completamento dell’idrovia, nel piano per il 2030 quest’opera non è più presente.
Trasportare via canale 98 container costa 23 euro, in autostrada per trasportare 2 container quasi 7 euro, il calcolo è stato fatto dall’Associazione salvaguardia idraulica del territorio padovano e veneziano. In Olanda, il canale che va da Amsterdam a Groningen, 26,9 chilometri, genera più di 15mila passaggi all’anno con un costo medio di circa un euro a chilometro. La Germania movimenta 4 volte il suo flusso normale di import export attraverso l’acqua, con 2,5 milioni di lavoratori. Il porto di Rotterdam serve l’Italia per il 28 per cento della sua movimentazione. Viene da chiedersi quale potenza commerciale potrebbe essere la coppia portuale Venezia-Padova.
A fine luglio, i deputati veneti di Governo e dell’opposizione hanno fatto passare, con 420 voti favorevoli, una mozione che impegna il Governo a finire l’opera. Forse si useranno i soldi del Recovery fund. Per il momento, in Europa alla gomma e al ferro si affianca l’acqua, noi veneti, in qualche modo eredi dei marinai della Repubblica di Venezia, nella nostra idrovia ci facciamo le gare di pesca: miliardi buttati per qualche luccio o qualche carpa.
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova