Lino Bruni, vicepresidente nazionale di Confapi Salute: «Regione Veneto interlocutore attento, confidiamo in una mediazione».
Il World Health Forum Veneto offre una serie di incontri ed eventi di alto livello, per analizzare il presente e approfondire il futuro dell’evoluzione delle scienze mediche e delle tecnologie che possono migliorare la nostra vita. Ed è anche l’occasione per riflettere sui temi che riguardano il settore sanitario privato. Ne conviene Lino Bruni, vicepresidente nazionale di Confapi Salute, Università e Ricerca che, a margine dell’evento, ha avuto modo di confrontarsi col presidente della Regione Veneto Luca Zaia.
«Le sinergie pubblico-privato sono la strada vincendo per soddisfare le necessità del cittadino paziente che, allungandosi l’aspettativa di vita, andrà sempre più in contro a una molteplicità di bisogni di assistenza, cura e sostegno», rimarca Bruni. Ma quante, degli 80 milioni di prestazioni sanitarie erogate ogni anno in Veneto, sono assicurate dal privato accreditato? I dati dicono che sono almeno il 36%. E proprio in questo senso, Bruni non nasconde la preoccupazione dell’intero settore legate all’introduzione del nuovo tariffario sanitario nazionale, destinato a entrare in vigore il prossimo 1 aprile, che prevede una riduzione delle tariffe.
«L’obiettivo è portare la questione da un tavolo tecnico a uno politico, più adatto ad affrontare la questione, arrivando intanto a una deroga. Bisogna trovare una mediazione e io sono convinto che ci arriveremo senza arrivare a forzature, come la sospensione delle prestazioni: sta a noi tecnici portare la documentazione che rafforzi le nostre ragioni, e in questa direzione stiamo lavorando. Ma tenete presente che la questione è oltremodo complessa, perché il nuovo nomenclatore prevede 2.500 voci in capitolo».
A chi rimarca che le tariffe venete sono già più alte rispetto a quelle delle altre regioni, Bruni risponde così: «Le disparità fra le regioni sono dovute al fatto che quelle dotate di piani di rientro non potevano offrire un sussidio e questo ha fatto sì che, per sostenere i costi si alzassero le tariffe. Ora, il nuovo nomenclatore prevede tariffe ridotte dal 30% al 60% a seconda della specialità, mentre, per contro, negli anni sono aumentati i costi di personale, tecnologia, energia che le imprese del settore sanitario privato devono sostenere. Se il nomenclatore non dovesse essere aggiornato arrivando a una mediazione che ci consenta di lavorare, i primi a rimetterci sarebbero i cittadini, perché certi servizi verrebbero tagliati in quanto insostenibili. Non potremo più garantire il nostro apporto oppure dovremo ridurlo di molto».
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova