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«Il salario minimo? Così apriamo al far west», l'intervista del presidente Casasco al Corriere della sera

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Intervista al Corriere della Sera del presidente di Confapi Maurizio Casasco: il rischio è la fuga dal contratto collettivo 

 

Il salario minimo, così come viene presentato dai 5Stelle, continua a non convincere sindacati e associazioni di rappresentanza. Secondo molti rischia di distruggere il welfare integrativo e non risolve la questione dello sfruttamento dei lavoratori.

Ne è convinto Maurizio Casasco, presidente di Confapi, che sottolinea la contrarietà della piccola e media industria alla misura. «A differenza di altri paesi europei, in Italia oltre il 96 per cento dei dipendenti è coperto da un Contratto collettivo nazionale che garantisce ben più di 9 euro l'ora». Parliamo di Ccnl che le aziende non sono obbligate ad applicare per legge e che comprendono anche mesima, gesima, scatti di anzianità e altri elementi di welfare. «Con il salario minimo il rischio è la fuga dal contratto collettivo. Così i lavoratori perderanno i vantaggi acquisiti grazie ad anni di battaglie dei corpi intermedi», aggiunge. Ma non è tutto.

Per Casasco la proposta, per come è stata formulata, potrebbe incentivare il dumping contrattuale ovvero la proliferazione di contratti siglati da organizzazioni prive di rappresentanza. «Il disegno di legge in discussione spiega ri- schia di danneggiare quei lavoratori già tutelati. Penso a tutta la questione degli enti bilaterali, e noi ne siamo un esempio, che erogano milioni di euro per pagare asili nido, percorsi di studio o cure mediche ai dipendenti».

C'è poi il nodo dei costi. Secondo gli ultimi dati dell'Istituto nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp) i lavoratori beneficiari dell'introduzione di un salario minimo legale a 9 euro orari sarebbero circa 2,6 milioni. E il costo totale per le imprese ammonterebbe a 6,7 miliardi di euro. «È una cifra che le nostre aziende non possono assolutamente permettersi di sostenere soprattutto alla luce del rallentamento economico in atto», spiega Casasco.

Quindi cosa fare? Secondo Confapi la normativa dovrebbe innanzitutto limitarsi al problema dei bassi compensi. «Quei rapporti di lavoro che si pongono totalmente al di fuori dal sistema dell'autonomia collettiva. Penso al caso dei rider o degli altri lavoretti sottopagati della gig economy», dice Casasco. La strategia potrebbe essere quella di ripensare l'intero meccanismo. «Gino Giugni, tra i padri dello Statuto dei lavoratori, insegnava che il legislatore dovrebbe valorizzare il sistema delle relazioni sindacali e non mortificarlo con interventi normativi rigidi», chiosa Casasco. Che suggerisce quindi di ragionare in altri termini. Se la finalità della normativa è quella di estendere a tutti gli appartenenti ad una certa categoria i contratti collettivi per Casasco stiamo percorrendo la strada sbagliata. «L'obiettivo non si raggiunge imponendo una retribuzione minima oraria, occorre introdurre finalmente il Ccnl erga omnes. Nessuno escluso».

 

 

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

 

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