«Le misure economiche del Governo Renzi? Voglio crederci, ma l’importante è che le risorse provengono dai tagli alla spesa. Il futuro? Parte da una seria riforma della scuola, perché purtroppo col nuovo ordinamento il livello della preparazione universitaria è sceso tantissimo. Fral? Sta andando bene: nel primo trimestre il fatturato è salito del 60% grazie agli investimenti sulla comunicazione e su nuovi modelli». L’ingegner Alberto Gasparini, titolare di Fral srl, azienda di Carmignano di Brenta che si occupa di deumidificazione per processi produttivi e ambienti industriali e civili si racconta in questa intervista.
«La crisi? Abbiamo perso diversi fornitori, ma in un certo senso ha fatto pulizia, perché ha fatto sì che a rimanere nel mercato fossero le aziende più strutturate. Di fatto, è riuscito a resistere chi aveva la possibilità di rapportarsi ai mercati esteri». L’ingegner Alberto Gasparini, titolare di Fral srl, azienda di Carmignano di Brenta che si occupa di deumidificazione per processi produttivi e ambienti industriali e civili, ha voglia di credere nel futuro. «Ma perché il Paese possa sul serio ripartire è necessario che si riprenda il settore edile. E non credo succederà prima di 5-10 anni».
Cosa pensa delle misure contenute nel Def, il Documento di Economia e Finanza da poco varato dal Governo Renzi?
«Guardo alle mosse dell’esecutivo con la speranza che è doveroso nutrire verso le cose nuove, moderatamente ottimista sul futuro delle piccole imprese, sapendo, però, che bisognerà attendere almeno sei mesi per capire se e come saranno attuate le proposte presentate. Dopodiché dico che il taglio del cuneo fiscale è una misura fondamentale per rilanciare le imprese, che il 10% in meno dell’Irap è utile, che gli 80 euro in più nelle buste paga di chi ne guadagna meno di 1.500 torneranno in circolo, almeno per il 70%, facendo girare i consumi. Ma prima di formulare giudizi occorre capire da dove proverranno le risorse: se arriveranno dalla spending review, come pare, è un conto, se invece saranno il prodotto della tassazione sulle rendite finanziarie è un altro, perché sarebbe come mettere le mani nelle tasche dei cittadini. E poi, comunque, per un vero rilancio del paese serve altro».
Cosa serve?
«Oltre che per il rilancio economico è necessario intervenire sul piano educativo e quello dei valori. Negli ultimi anni lo svilimento del livello culturale, in Italia, è stato enorme, e il concetto di meritocrazia è uscito dalla nostra società. Faccio un esempio concreto: negli scorsi mesi ho assunto due ingegneri, uno di Padova e uno di Milano, molto preparati. Ma per selezionarli ho dovuto effettuare colloqui in quantità, riscontrando un livello di preparazione bassissimo: due persone su tre che si presentavano mancavano delle nozioni di base. E penso che la colpa sia anche della riforma universitaria che ha introdotto il nuovo ordinamento, aumentando il numero di esami ma riducendo di molto la loro mole. Ho l’impressione che i ragazzi imparino la lezione e poi la dimentichino subito: non c’è più un vero lavoro di approfondimento sui libri».
Come Fral avete risentito della crisi?
«Oggi siamo molto soddisfatti: dopo un 2012 chiuso con un -8% nel fatturato, nel 2013 abbiamo dimezzato le perdite salendo del 4%, mentre il primo trimestre del 2014 ha fatto registrare addirittura un +60%, che ci lascia sperare di terminare l’anno con un aumento almeno attorno al 20%, passando dagli 8,3 milioni di euro di fatturato del 2013 a 10 milioni nel 2014. Oggi abbiamo 32 dipendenti in Italia e 30 nello stabilimento che abbiamo aperto in Cina, nel distretto di Canton».
Quale segreto si nasconde dietro a questi numeri?
«Nessun segreto. Credo siano invece il frutto degli investimenti nella comunicazione e della partecipazione alle più importanti fiere di settore: a quelle di Milano e Norimberga, a cui abbiamo sempre preso parte, abbiamo aggiunto in calendario anche gli eventi di Birmingham e Dubai. E poi, ovviamente, ci sono i nuovi modelli che abbiamo immesso nel mercato».
Quanto incide l’export in tutto questo?
«Molto. Diciamo che per il 30% ci rivolgiamo al mercato italiano (che comunque nell’ultimo anno ha registrato una diminuzione delle vendite), per il 55% a quello europeo, soprattutto verso Svizzera, Germania, Francia, Inghilterra, Turchia e Polonia, e per il restante 15% verso i paesi extra-europei, come l’Australia, il Brasile e l’Arabia Saudita. Vale anche per noi quanto dicevamo prima: essere strutturati e competitivi per i mercati esteri oggi non è importante: è fondamentale».
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Diego Zilio
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