ROMA. Il governo vuole dare un maggior sostegno alle imprese, non solo alleggerendo il prelievo fiscale (dal taglio dell'Ires nel 2017 al super ammortamento già deciso con la legge di Stabilità 2016), ma anche convogliando, in particolare verso le pmi, qualche miliardo all'anno (10 sarebbero considerati un buon risultato), cioè una piccola parte della rilevante ricchezza finanziaria delle famiglie italiane (3.800 miliardi di euro).
Per renderlo possibile sta immaginando possibili prodotti di investimento a medio termine, i Pir, i cui rendimenti sarebbero detassati. I piani individuali di risparmio vedranno la luce con il secondo decreto legge sulla "Finanza per la crescita" che verrà approvato in una delle prossime riunioni del Consiglio dei ministri. Dirottare risorse private verso il capitale di rischio delle imprese è oltremodo necessario dopo che il credito bancario si è ristretto.
Eppure, c'è una parte del mondo imprenditoriale che è molto preoccupata sia per alcune misure già prese dal governo sia per quelle che si annunciano. E si tratta proprio delle piccole imprese, almeno quelle rappresentate dalla Confapi.
"C'è il rischio - dice il presidente Maurizio Casasco - che i Pir siano destinati ad aziende con fatturati da 50 a 200 milioni di euro, tagliando fuori la grandissima parte delle nostre pmi. Per di più, chi potrebbe sostenere i costi di emissione di tali strumenti?Non dimentichiamoci che già i minibond sono stati utilizzati solo dalle medie e grandi imprese". Se proprio il governo vuole favorire la patrimonializzazione e la crescita dimensionale delle aziende italiane, il 95% delle quali ha meno di 10 addetti, "sarebbe molto meglio che concedesse un credito di imposta a fronte di operazioni straordinarie di merger and acquisition". Se poi lo scopo è di aprire un canale di finanziamento alternativo a quello bancario perché allo stesso tempo il governo con il decreto sulle banche "ha peggiorato la situazione delle imprese?", si chiede Casasco.
Il "pegno mobiliare non possessorio non aiuta le piccole" e la previsione che, "a fronte del mancato pagamento anche di pochissime rate, la banca possa avviare le procedure esecutive, impediscono all'azienda di sopravvivere, anche quando la stessa vanti rilevanti crediti con la Pubblica amministrazione". Insomma, visto dal mondo dei "piccoli" il decreto Finanza per la crescita sembra un provvedimento che non li sfiori. Molto di più, dice Casasco, "ci interesserebbe la riduzione del cuneo fiscale per agevolare i consumi, la proroga del maxi ammortamento e un' Ace potenziata per le pmi, come accade per le società quotate".
Scarica l'articolo di Enrico Marro, Corriere della Sera
Ufficio Stampa Confapi Padova
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La finanza per la crescita e i dubbi di Confapi: Intervista del Presidente Corriere della Sera
10.06.2016