Alla mezzanotte di martedì 4 febbraio (ora statunitense, le 6 del mattino italiane) sono entrati in vigore i nuovi dazi del 10% sulle importazioni dalla Cina annunciati sabato 1° febbraio dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. I dazi del 25% sulle importazioni da Messico e Canada, invece, lunedì 3 sono stati posticipati di un mese dopo che Trump aveva parlato con i rispettivi capi di governo, la presidente messicana Claudia Sheinbaum e il primo ministro canadese Justin Trudeau, ottenendone in cambio concessioni in materia di operazioni di sicurezza sui loro confini con gli Stati Uniti.
LA RITORSIONE CINESE
Il ministero del Commercio cinese ha elencato aliquote del 15% su carbone e gas naturale liquefatto a stelle e strisce, nonché del 10% aggiuntivo su petrolio, attrezzature agricole e alcuni veicoli di grossa cilindrata Usa, efficaci da lunedì 10 febbraio. Prevista anche una stretta generale sui controlli all'export di tungsteno, tellurio e altri prodotti in metalli rari che potrebbero essere utilizzati per beni ad alta tecnologia come le batterie al litio, ad evidenziare la vulnerabilità delle catene di fornitura globali ai materiali sensibili provenienti dalla Cina. In più, le aziende americane Pvh - che controlla i brand Calvin Klein e Tommy Hilfiger - e Illumina sono finite nella lista delle cosiddette «entità inaffidabili».
L’EUROPA
E l’Europa? "Abbiamo un deficit massiccio con l'Ue", ha ribadito Trump dallo Studio Ovale, parlando di un deficit di 350 miliardi di dollari e lamentandosi che l'Ue "non acquista le nostre merci, le nostre auto, i nostri prodotti agricoli con la scusa dei pesticidi e di altre sostanze chimiche. Hanno abusato per anni degli Usa, ora vogliono fare un accordo", ha detto, sottolineando però che deve essere "equo". Secondo il Telegraph, il presidente americano sta prendendo in considerazione l'idea di imporre una tariffa del 10% all'Ue.
Secondo una stima di stima la Svimez per il Sole24Ore ciò impatterebbe pesantemente sugli equilibri macroeconomici tra aree del Paese, arrivando a pesare, in uno scenario intermedio, per 3,8 miliardi di euro del Pil nazionale (pari al -0,18%) e 5,8 miliardi di euro dell’export verso gli Usa. Con una ricaduta in termini di posti di lavoro di oltre 53 mila Ula, unità lavorative per anno.
RICADUTE PADOVANE
E Padova come si pone in questo scenario? Le esportazioni verso gli Stati Uniti nel 2023 hanno toccato il miliardo e 234 milioni, le importazioni ammontavano invece a 152 mila euro, con un surplus, quindi, di quasi un miliardo e 100 milioni. I settori più esposti includono moda, mobili, legno, metalli e altre manifatture, dove la provincia ha una presenza significativa. Nel 2023 - secondo dati Eurostat - tutti i Paesi Ue hanno esportato 503,8 miliardi di euro di beni negli Stati Uniti e ne hanno importati 347,1 miliardi. Vale a dire un surplus commerciale di quasi 157 miliardi di euro a favore dei 27.
Sul tema anche un’analisi dettagliata del centro studi Fabbrica Padova, a questo link:
MINACCIA O OPPORTUNITÀ PER IL MADE IN VENETO?
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova