I Colli Euganei si sono ufficialmente candidati per diventare una Riserva della Biosfera Unesco: puntano così a entrare in una rete di cooperazione e condivisione internazionale, volano di crescita del territorio anche dal punto di vista socioeconomico. Ne abbiamo parlato con Alessandro Frizzarin, neopresidente del Parco Colli Euganei, all’indomani della presentazione della candidatura, voluta dai 15 sindaci dei comuni coinvolti.
Presidente, e adesso cosa succede?
«Partiamo col dire che si tratta di un progetto che parte dal 2021 con una pre-adesione dei 15 comuni che costituiscono il Parco e che si è sviluppato con numerose iniziative portate avanti nei mesi che sono seguiti, con incontri che hanno coinvolto la governance del parco, le amministrazioni comunali ma anche le associazioni e le scuole, gli enti di ricerca e l’università: sono 54 le lettere di endorsement acquisite per la presentazione del dossier cartaceo inviato al Ministero dell’Ambiente, il cui comitato tecnico nei prossimi mesi è chiamato a valutarlo e a esprimersi sulla fattibilità dell’operazione. Se il parere sarà positivo, la candidatura sarà proposta all’Unesco, che si esprimerà nel 2024».
Perché è così importante il riconoscimento Unesco?
«L’adesione al programma intergovernativo MaB (sigla che sta per “Man and Biosphere”, uomo e biosfera) mira a promuovere l’idea che lo sviluppo socioeconomico sia compatibile con la tutela della biosfera, in un’ottica di sostenibilità. Nel nostro specifico di Parco Colli, parliamo di un’area fortemente antropizzata, che punta non solo a tutelare la biodivesità ma a catalizzare tutte le forze che la animano seguendo il modello di “green sociality” e “green economy”. Un luogo di sperimentazione, confronto e studio».
Perdoni se la domanda può apparire maliziosa: ci spiega perché questa non è solo un’operazione di marketing?
«Non lo è, tengo a precisarlo. Quello che potrebbe arrivare non è un bollino da sfoggiare, ma un primo passo nella direzione di uno sviluppo sostenibile. Il riconoscimento Unesco ci permetterà di entrare nella rete delle realtà che già sono inserite, oggi 738 al mondo, e di usufruire del loro sostegno, agevolandoci anche nella partecipazione a bandi internazionali legati a interventi utili al territorio. Sinora il parco è sempre stato visto come un soggetto che impone vincoli legati alla tutela dell’ambiente. Bene, continuerà a esserlo, certo. Ma ora vogliamo fare un passo in più nella direzione dei percorsi di sostenibilità. L’ingresso nella rete delle Riserve della Biosfera offrirà infatti nuovi impulsi e stimoli per progetti concreti e sostenibili, grazie allo scambio di buone pratiche e alla partnership della rete MaB. Nuove e più efficaci opportunità di collaborazione e apertura a nuove relazioni culturali, sociali ed economiche con altri territori che stanno affrontando le stesse sfide della sostenibilità».
Sin qui gli onori. E gli oneri?
«Il lavoro per certi versi inizia da qui. Noi abbiamo una grande responsabilità perché, una volta che il riconoscimento venisse tributato, dovremo rispettare il Piano di Azione, documento che definisce quali obiettivi specifici vanno perseguiti per assolvere alle tre funzioni previste dal Programma MaB, ossia conservazione, sviluppo e logistica, a loro volta declinate attraverso 15 obiettivi. Io però tengo a sottolineare un altro aspetto: questa è forse è la prima volta che i rappresentanti di così tante amministrazioni, in un territorio in cui il campanilismo è sempre stato forte, sottoscrivono un documento comune di tale rilievo».
La candidatura all’Unesco è chiaramente la priorità nel suo mandato, ma quali altre sono le sfide che la attendono?
«Proseguiremo l’eccellente lavoro svolto dal mio predecessore Riccardo Masin, dall’attuale vicepresidente Antonio Scarabello e da tutto il direttivo, che con dedizione e professionalità opera nell’interesse del territorio. In primo luogo lavoreremo per migliorare l’organizzazione dell’ente - che oggi conta una ventina di dipendenti suddivisi in tre aree generali - potenziando l’ufficio tecnico e implementando il ruolo nella pianificazione - assieme alla Provincia - del Pat dei Colli Euganei. E proseguirà il contrasto alla proliferazione degli ungulati, e nello specifico dei cinghiali, la cui riproduzione incontrollata - pensate che ci sono esemplari che si riproducono due volte l’anno arrivando anche a partorire 10 piccoli per nidiata - ha portato danni pesanti a un territorio in cui hanno trovato un habitat ideale, in cui, peraltro, non ci sono i predatori naturali presenti in altri luoghi. Le prime risposte ci sono già state, tant’è che le richieste di risarcimento sono diminuite e sono aumentati i capi abbattuti: continueremo sulla strada che ha fornito risultati importanti negli ultimi mesi, potenziando la squadra faunistica e quella dei controllori, figure formate per l’abbattimento dei cinghiali. In più sperimenteremo nuove tecniche come i chiusini all’americana, sostanzialmente delle gabbie a rete che consentono di catturarne un numero maggiore».
Altro problema, molto sentito da chi abita nel territorio e non solo, l’abbandono dei rifiuti sia lungo i sentieri che nelle aree di sosta.
«Una cattiva prassi che va contrastata con azioni di prevenzione e laddove occorre con le sanzioni. Il rispetto dell’ambiente da parte di chi utilizza il territorio per momenti di svago deve essere sacrosanto. È nostra intenzione potenziare l’organico delle Gev, le Guardie ecologiche volontarie. Sono convinto che il problema si risolva con l’educazione al rispetto dell’ambiente, partendo dalle scuole, e con il potere dissuasivo della repressione. Ma questo si lega a un altro punto».
Ovvero?
«Quello che tocca lo sviluppo del turismo sostenibile. Vogliamo implementare la promozione delle nostre zone, dei loro prodotti, dell’enologia, dell’artigianato, dei musei. Una delle idee che vogliamo sviluppare riguarda i percorsi religiosi, a collegare i luoghi di culto sul modello di Santiago di Compostela: pur senza fare paralleli con quella realtà è una direzione su cui vale la pena di lavorare».
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova