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L’ATTO D’AMORE PER LA SUA TERRA DI FRANCESCO JORI

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L’incontro con la storica firma del giornalismo veneto ha inaugurato il ciclo di appuntamenti de “I martedì del sapere”, organizzati da Studioverde in collaborazione con Confapi Padova. «Negli ultimi vent’anni il Veneto è cambiato più che nei venti secoli precedenti, ma non dobbiamo dimenticare le nostre radici. In fondo, il leggendario Antenore era il profugo di una carretta del mare».

 

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“Un atto di amore per una terra davvero unica nel suo genere”. Rifacendosi alle parole dell’autore, Francesco Jori, si può definire così “Veneti - Ricettario della memoria”, pubblicato da Edizioni Biblioteca dell’Immagine e al centro del primo appuntamento de “I martedì del sapere”, rassegna di incontri di approfondimento dedicata al mondo dell’impresa e della cultura contemporanea, organizzata da Studioverde in collaborazione con Confapi Padova.

«Perché il Veneto è al centro dei miei libri? La mia professione spesso è come la birra appena spinata, ricca di schiuma e con poca sostanza sotto, e noi giornalisti siamo sempre pronti a costruire personaggi che non meritano di esserlo. Per cui sentivo il dovere di pensare a una sorta di risarcimento verso persone, i veneti, che si sono sempre messe in gioco e che lavorano. E voi di Confapi lo sapete bene», ha raccontato Jori, oggi editoralista del Mattino di Padova, per più di dodici anni direttore de Il Gazzettino, firma tra le più conosciute e apprezzate del giornalismo del Nord Est. A “provocarlo” da par loro, il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio, per una volta nelle vesti di moderatore, e Ferruccio Ruzzante, titolare di Studioverde. «E che il lavoro sia al centro delle cultura veneta lo testimonia anche il solo fatto che l’anno, tradizionalmente, qui veniva fatto iniziare a San Martino, con cui si dava avvio al lavoro agrario, e non a gennaio».

Il libro - e la serata - si sono soffermati sui «tre filoni di fondo, che sono poi il Dna costitutivo della “heimat” veneta: la religione, la famiglia, la terra». A ciascuno di questi aspetti è dedicata una sezione ad hoc del volume, che tratta anche le tematiche della festa e dell’emigrazione. Riguardo a quest’ultima, viene ricostruito, con dovizia di particolari, l’iter storico di un fenomeno che ha portato alla nascita di un altro Veneto nel lontano Sudamerica (in primis, in Brasile e in Argentina) a partire dall’ultimo quarto dell’Ottocento. Tra il 1875 e il 1900, si ricorda nel libro, quasi un veneto su cinque fu costretto a lasciare la propria casa per sfuggire alla morsa della fame.

«Negli ultimi vent’anni il Veneto è cambiato più che nei venti secoli precedenti, ma non dobbiamo dimenticare le nostre radici. In fondo, il leggendario Antenore era il profugo di una carretta del mare. E i veneti sono il prodotto di una contaminazione continua che dura da tremila anni. Ma il Veneto è accogliente, prima di tutto perché conviene esserlo: pensate alla Serenissima, l’unico territorio che dava ospitalità agli ebrei quando nessuno lo faceva, usandoli come cassa per le finanze. Ed è un popolo di migranti, il nostro. Persone che quando vanno in Argentina o in Brasile si portano dietro le proprie tradizioni, la propria terra. Dobbiamo tenerlo presente oggi più che mai, chi eravamo: chi va via di casa lo fa per non morire di fame».

Le tradizioni e le memorie, le voci e i dialetti, la storia grande e quella quotidiana, le filastrocche e le canzoni, i modi di dire popolari e le ricorrenze religiose, i cibi e i vini, il bel vivere e il coraggioso resistere. C’è tutto questo e molto altro in “Veneti - Ricettario della memoria”. E le sapienti - e divertenti - letture di Remigio Ruzzante, delle Bronse Querte, che ha intervallato brani del libro, testi suoi e altri di Angelo Beolco detto il Ruzante, hanno reso ancora più stimolante l’incontro. In attesa del prossimo appuntamento.

 

Diego Zilio

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

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