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«LISTE D’ATTESA E CARENZA DI MEDICI, ECCO COSA STIAMO FACENDO PER RISOLVERE IL PROBLEMA»

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A tu per tu con l’assessore alla Sanità della Regione Veneto Manuela Lanzarin sui temi più scottanti che riguardano il SSN e il rapporto col settore privato, ma anche tutti noi comuni cittadini. «Ancora vacanti 340 medici di base in Veneto, ma il “family doc” non è la soluzione. Il nuovo tariffario ambulatoriale? Nei prossimi giorni lo completeremo: le tariffe per le singole prestazioni non subiranno in Veneto nessun radicale cambiamento. E sulla “Bolkenstein sanitaria” vi dico che…».

 

Secondo i dati presentati in Senato dal Ministero della Salute, il Veneto primeggia ancora in Italia nella capacità di erogare ai cittadini i livelli essenziali di assistenza sanitaria che sono dovuti sulla base della Costituzione. A questo attestato fanno da contraltare i lunghi tempi di attesa che molti cittadini hanno sperimentato di persona per prenotare visite ed esami, finendo per rinunciare o rivolgersi al settore privato. Come si conciliano questi due aspetti?

«Il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) è lo strumento che consente di verificare - secondo le dimensioni dell'equità, dell'efficacia, e della appropriatezza - che tutti i cittadini italiani ricevano le cure e le prestazioni rientranti nei Livelli essenziali di assistenza (LEA).

La Regione del Veneto risulta tra le migliori, in base alla valutazione dei dati relativi all’anno 2022, in tutti e tre gli ambiti: Prevenzione collettiva e sanità pubblica, Assistenza distrettuale e Assistenza ospedaliera.

In particolare il Nuovo Sistema di Garanzia nazionale ha premiato la Regione del Veneto come prima Regione d’Italia per qualità e diffusione delle cure palliative rivolte ai malati terminali, raggiungendo il punteggio più alto, pari a 100, sulla base del numero di pazienti assistiti dalla Rete delle cure palliative a domicilio o in hospice, certificazione di uno sforzo importante nel segno dell’alta qualità dei servizi erogati, che in questo particolare settore della medicina non possono prescindere anche da un approccio umano e da una grande sensibilità nei confronti dei pazienti.

Accanto a questi importanti risultati è da sottolineare il notevole impegno nell’attuazione del Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA), relativo alle prestazioni ambulatoriali, al fine di rendere maggiormente efficaci le misure esistenti e adottare nuove azioni per garantire un equo e tempestivo accesso dei cittadini ai servizi sanitari.

La risposta regionale ai crescenti fabbisogni di salute, amplificati dai ritardi legati alla pandemia, ha portato, in quest’ultimo anno, alla notevole riduzione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale definite traccianti dal PNGLA in “galleggiamento” (per-appuntamento).

In particolare da giugno 2023 si è raggiunto l’azzeramento delle prestazioni traccianti in galleggiamento con priorità B (da erogare entro 10 giorni) e la riduzione rispettivamente di quasi 64.000 (-82%) prestazioni per la priorità D (da erogare entro 30 giorni) e di più di 42.000 (-57%) prestazioni per la priorità P (entro 90 giorni).

Si sta ottenendo anche un notevole calo delle prestazioni non traccianti in galleggiamento, con una riduzione pari a circa 11.000 prestazioni da giugno 2023 a marzo 2024.

Gestita in modo sistematico la criticità relativa alle prestazioni in galleggiamento in tutto il territorio regionale e implementata l’attività di perfezionamento dell’appropriatezza prescrittiva, parallelamente si sono messe in atto tutte le azioni per il governo della performance, ovvero la percentuale delle prestazioni erogate entro i termini per ciascuna classe di priorità.

Al fine di ridurre ulteriormente i tempi di attesa, a livello regionale sono state attuate azioni su più fronti, tra le quali si ricordano le principali messe in atto al fine di recuperare personale sanitario la cui carenza esita inevitabilmente in prolungamento dell’attesa per i cittadini:

- 92 bandi lanciati da Azienda Zero lo scorso anno dedicati ai camici bianchi (soprattutto per specialisti dell’emergenza-urgenza, anestesisti, ginecologi, radiologi, pediatri, ortopedici e oculisti), per un totale di 1.023 posti. Si sono presentati in 390 e sono stati tutti assunti.

- per il personale del comparto (infermieri, operatori socio-sanitari, fisioterapisti, ostetriche, logopedisti, tecnici), sono stati occupati i 1.029 posti messi a disposizione da 39 concorsi. Dal 2019 al 2023 gli infermieri sono quindi aumentati di 1.896 unità (+8%) e gli Oss di 2912 (+41%).

- maggiore ricorso alla telemedicina, con effettuazione di accertamenti da remoto, con beneficio anche per il paziente. Gli ambiti di applicazione della telemedicina sono per esempio la dermatologia e l’oculistica.

- redistribuzione delle competenze tra professionisti, con un focus sulle mansioni che possono essere svolte ad esempio dagli infermieri che non richiedono la presenza del medico.

È da sottolineare come, nonostante le difficoltà, la nostra sanità non solo ha tenuto, ma nel 2023 ha addirittura aumentato la produzione: i ricoveri sono stati 640.799 (+4%), gli interventi chirurgici 488.976 (+4%), le prestazioni di specialistica ambulatoriale 10.389.452 (+4%), gli accessi ai Pronto Soccorso 1.839.778 (+ 3%), i pazienti ai Pronto Soccorso pediatrici 244.461 (+ 7%). Il Suem 118 ha ricevuto 845.408 chiamate ed effettuato 479.993 missioni (+ 8%).

Concludendo, lo stesso impegno profuso in questi anni da parte della Regione nella garanzia del Livelli Essenziali di Assistenza ai cittadini, è stato e sarà rivolto all’erogazione delle prestazioni nel rispetto dei tempi di attesa. Si ritiene che i due aspetti si concilino appunto nel modello organizzativo che si sta sviluppando per la gestione delle attività sanitarie, includendo le prestazioni LEA, le liste d’attesa della specialistica ambulatoriale, ma anche liste d’attesa per i ricoveri programmati e lo sviluppo della telemedicina come supporto innovativo all’attività sanitaria».

 

Legata a questo tema è anche la carenza, presente a livello nazionale, di medici di base: in Veneto ne mancano almeno 3.500. Da poche settimane è peraltro comparsa la figura del "Family Doc", il medico alternativo a quello di famiglia. Cosa risponde a chi crede che la gestione della sanità pubblica favorisca il sistema privato? E quale deve essere il ruolo del settore privato in questo campo secondo lei?

«Riguardo alla carenza di medici di base nel Veneto, è importante chiarire che in realtà, le zone carenti rimaste scoperte sono state poco più di 400 nel 2023, un numero notevolmente inferiore rispetto ai 3.500 che è, invece, riferito più verosimilmente ai medici ospedalieri. Questa carenza di medici di famiglia è stata in parte mitigata grazie al contributo dei medici che hanno superato i 70 anni e grazie agli incarichi provvisori pari a 142 incarichi, portando gli incarichi rimasti vacanti a circa 340.

La gestione della sanità pubblica è fondamentale per garantire un servizio equo e accessibile a tutti i cittadini. La Regione è attivamente impegnata nel potenziamento delle cure primarie, come evidenziato dalle misure previste dalla misura 6 del PNRR e dal DM 77/2022. Come noto, la carenza di medici di base è principalmente dovuta alla “gobba pensionistica”, un fenomeno presente in tutta Italia, con un considerevole numero di medici che andranno in pensione nel triennio 2024-2026.

Rispetto a questo tema, la Regione ha promosso una serie di misure per continuare a garantire l’assistenza territoriale. Recentemente, infatti, è stata approvata la DGR n. 1672/2023, che proroga le disposizioni della DGR 1715/2022 per tutto il 2024. Queste disposizioni hanno individuato importanti azioni di rafforzamento della copertura assistenziale al fine di sopperire alla carenza di medici. Le misure adottate includono:

➔ La possibilità di aumento del massimale individuale a 1.800 scelte per i medici di medicina generale che si rendono disponibili;

➔ Il riconoscimento, in tali casi di incremento volontario del massimale a 1.800 assistiti e a fronte dell’aumentato carico di lavoro anche sotto il profilo amministrativo, dell’indennità annua di collaboratore di studio ex ACN e di un ulteriore compenso integrativo;

➔ Il riconoscimento ai medici di continuità assistenziale che si rendono disponibili ad un aumento orario, di un incremento retributivo previsto per tale attività;

➔ La possibilità da parte delle Aziende di dichiarare, al massimo per un anno, zona disagiata le sedi di continuità assistenziale in presenza di determinate particolari situazioni riconoscendo ai medici che operano in tali sedi un aumento della quota oraria prevista per tale attività;

➔ La possibilità per le Aziende di assegnare incarichi di continuità assistenziale diurna, in via eccezionale, riconoscendo un aumento della quota oraria prevista per lo svolgimento di tale attività.

Tutte le azioni sopra descritte sono attuate sino all’individuazione dell’avente diritto alla copertura dell’ambito territoriale carente.

Inoltre, con la Legge Regionale n. 12/2022 è stato elevato il massimale dei medici frequentanti il corso di formazione specifica in medicina generale (limitato a livello nazionale a 1.000 assistiti), disponendo un massimale di 1.200 pazienti per coloro che frequentano il 2° e 3° anno di corso.

Negli ultimi anni, proprio per dare risposte certe al territorio, si è provveduto ad aumentare il più possibile il numero degli studenti ammessi al corso, al fine di incrementare il numero di professionisti potenzialmente inseribili in graduatoria al termine del triennio. I benefici di questo aumento saranno tangibili già a partire dal 2025.

Questo dimostra come la Regione del Veneto abbia un’attenzione piena e costante verso i Medici di Medicina Generale, in convenzione con il SSN, che garantiscono l’assistenza primaria alla popolazione, in qualsiasi area del nostro territorio.

Va comunque rilevato che molti medici scelgono di frequentare il corso di formazione specifica in Medicina Generale, tanto che ad oggi i partecipanti a questi corsi sono 730.

Riguardo al ruolo del settore privato, riteniamo che l’assistenza primaria debba rimanere principalmente un servizio pubblico. L’attività libero professionale dei medici è sempre stata presente in quanto esercitabile da qualunque medico abilitato alla professione; negli ultimi tempi, anche per logiche di attrattività è stata denominata “di base” ma non riveste per sua natura le funzioni del Medico di Assistenza Primaria. Tutte le attività - compresa la visita - sono a pagamento come tutte le prescrizioni per eventuali altri esami poiché i professionisti non possono essere dotati di ricettario del SSR. Il medico di famiglia a pagamento non è la soluzione, poiché l’accesso equo e universale alle cure primarie è un principio fondamentale del sistema sanitario.

Il coinvolgimento del settore privato in forme di collaborazione o partnership, dovrebbe essere mirato esclusivamente ad integrare e potenziare l’offerta sanitaria, sempre nel rispetto dei principi di universalità e equità dell’accesso alle cure».


E, sempre legata alla questione dei medici di base, ritiene che il problema si risolverebbe togliendo il numero chiuso a Medicina o non è quello il punto?

«La questione del numero chiuso in Medicina riguarda la formazione di nuovi medici e la loro distribuzione sul territorio, compreso il settore della medicina generale. Riteniamo che l’aumento del numero di laureati in medicina da solo non sia la soluzione definitiva al problema della carenza di medici di base. È fondamentale rendere più attraente la scelta della medicina generale come carriera professionale. Ciò può avvenire attraverso l’adeguamento della borsa di studio del corso di formazione in medicina generale che ad oggi non rientra ancora tra le specializzazioni universitarie e attraverso un sistema di cure primarie moderno e tecnologicamente avanzato, che favorisca l’integrazione tra medici di base e altri professionisti sanitari che operano sul territorio per realizzare a livello regionale un sistema di cure integrate».


Uno dei temi che più sta a cuore al mondo Confapi a livello nazionale riguarda il tariffario ambulatoriale: continuare ad attendere la sua revisione rischia di allontanare il diritto alla Salute per una Sanità di tutti. Qual è la sua posizione a riguardo?

«Seppure con grandi difficoltà a legate alla complessità tecnica della operazione - difficoltà che tutte le regioni hanno sperimentato e per le quali hanno chiesto la proroga dei tempi di introduzione -, la regione del Veneto è pronta ad adottare il nuovo nomenclatore tariffario, con le procedure di graduale inserimento che sono state identificate dall'ultimo decreto interministeriale Salute MEF, in prossima pubblicazione in Gazzetta. Sono in via di completamento le tariffe per le singole prestazioni, che verranno definite nei prossimi giorni e che non subiranno in Veneto nessun radicale cambiamento. La revisione del nomenclatore tariffario ha tenuto conto, durante tutte le fasi di implementazione, dell’obiettivo principale del SSR: la garanzia del Diritto alla Salute e il mantenimento di un sistema sanitario accessibile per tutta la collettività».

 

Dal 20 al 23 marzo Padova, da sempre eccellenza internazionale nel campo medico e scientifico, ospiterà il primo World Health Forum. Una vera e propria legacy della sanità, che analizzerà il presente e approfondirà il futuro dell’evoluzione delle scienze mediche e delle tecnologie. Perché è un evento così importante?

«La sanità veneta, con le sue eccellenze universitarie e territoriali, e con un settore ricerca molto attivo e sviluppato, ha tutte le caratteristiche per essere un punto di riferimento internazionale e con questa iniziativa di confronto scientifico ai massimi livelli consolida questa sua vocazione. Presentando il congresso, il Presidente Zaia ha usato un’espressione molto indicativa: “Puntiamo a diventare – ha detto – la Davos della Sanità”. Si tratta infatti di una prima edizione che vuole essere un punto di partenza per diventare un appuntamento internazionale annuale dove, di volta in volta, confrontarsi su tutto ciò che c’è di meglio al mondo su sanità e ricerca scientifica. È stato gettato un germoglio capace di crescere velocemente. Il Veneto e la sua sanità se lo meritano».

 

A proposito della sanità che verrà, si parla molto della possibile applicazione della direttiva Bolkestein - in queste settimane al centro del dibattito pubblico per le concessioni balneari - anche nel settore della sanità privata. Qual è la sua opinione a riguardo?

«Credo sia ancora presto per parlarne. Occorre prima che siano definite tutte le principali caratteristiche di questa “Bolkenstein sanitaria” e le implicazioni che potrebbe avere sia nel privato puro che in quello convenzionato. Sul privato puro non mi esprimo, su quello convenzionato, devo dire che in Veneto il rapporto con il Pubblico è positivo e costruttivo e prima di cambiare qualcosa bisogna pensarci bene».

 

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

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