Un solo ministro veneto nel precedente governo, in 10 esecutivi non ce n’era nessuno
Mentre sono in corso le consultazioni per il possibile governo Draghi siamo andati a curiosare su qual è stato il peso del Veneto all’interno degli esecutivi che si sono succeduti dalla nascita della Repubblica in poi, ma anche come sono stati rappresentati gli interessi delle Pmi.
SOLO D’INCÀ
Partiamo dalla fine. Nel secondo governo Conte 8 ministri su 22 provenivano dal centro-nord, ma uno solo dal Veneto (il bellunese Federico D’Incà, per giunta senza portafoglio, ai rapporti con il parlamento). Nel primo governo Conte, quello giallo-verde, i ministri veneti erano invece ben tre: Lorenzo Fontana, leghista veronese di 38 anni, per la Famiglia e la Disabilità, Riccardo Fraccaro, pentastellato trevigiano (ma trentino di adozione) di 37 anni, per i Rapporti con il Parlamento e la Democrazia diretta, ed Erika Stefani, leghista vicentina di 46 anni, per le Autonomie e gli Affari regionali.
Veneto quasi a bocca asciutta quindi. Anche se, a ripercorrere la storia, occorre dire che non è stata la prima volta. In ben dieci esecutivi italiani non ha figurato alcun ministro della regione. E quasi tutti negli ultimi venticinque anni: l’unica eccezione è rappresentata dal settimo governo De Gasperi, di mezzo secolo fa (1951-1953), anche quello “senza veneti”.
Tra quelli senza esponenti veneti ci sono anche i primi tre governi Berlusconi, che pure contenevano una cospicua delegazione leghista. Nella Prima Repubblica, invece, era soprattutto la Dc a garantire al Veneto una ininterrotta rappresentanza di governo, forte del suo bacino di consensi a livello locale.
Va anche considerato che negli ultimi anni il numero di ministri presenti nei diversi governi si è progressivamente ridotto: è passato dal primato storico di 31 ministri per De Mita e l’Andreotti VI tra il 1988 e il 1990 ed è giunto ai 17 del governo Renzi. Assicurare la rappresentanza regionale, ma anche quella partitica e di genere sta per certi versi diventando un’impresa.
LA STORIA DEL MISE
Ma chi ha rappresentato le esigenze delle Pmi nella storia dei governi italiani? A partire dall'Unità d'Italia nel 1861, le politiche relative alle attività produttive rientravano nell'ambito del Ministero per l'agricoltura, l'industria e il commercio, soppresso per un brevissimo periodo tra il 1877 e il 1878 dal governo Depretis II, ma subito ricostituito. Nel 1916, con il governo Boselli, viene aggiunta la competenza sul lavoro e la previdenza sociale ma scorporata l'agricoltura, creando così il Ministero per l'industria, il commercio e il lavoro. Durante il governo Mussolini avvengono varie trasformazioni: nel 1923 viene istituito il Ministero dell'economia nazionale, accorpando i tre ministeri del Lavoro e della previdenza sociale, dell'Industria e del commercio, e dell'Agricoltura, ma viene soppresso nel 1929 trasferendo le competenze sull'agricoltura nel ricostituito Ministero dell'agricoltura e foreste, e quelle relative a industria, commercio e lavoro nel già esistente Ministero delle corporazioni. Con la caduta del fascismo il governo Badoglio I nel 1943 sopprime quest'ultimo e ricrea il Ministero per l'industria, il commercio e il lavoro. Si va avanti con una serie di accorpamenti e successive suddivisioni fino alla riforma Bassanini del 1999, che determinò l'istituzione del Ministero delle attività produttive, unendo all'Industria anche il Ministero del commercio con l'estero e il Ministero delle comunicazioni, che tuttavia fu mantenuto autonomo dal governo Berlusconi II nel 2001.
Le modifiche però non sono mancate neanche dopo. L'ultima è avvenuta nel 2014 lo scorporo del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica per costituire la nuova Agenzia per la coesione territoriale.
«A conti fatti, però, un ministero per le Pmi e un vero e proprio organismo di riferimento delle piccole e medie industrie private manca», come il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio ha rimarcato in occasione della nascita del primo governo Conte. «Non vorremmo che con il nuovo esecutivo si perdesse il contatto con il Nord-Est e con le Pmi, vero motore della Nazione». Un monito che rimane valido ancora oggi, nel momento in cui sta per iniziare l'era Draghi.
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova