Piercarlo Marcato (Meccanica Marcato): «15 colloqui, zero ragazzi disponibili. L'automazione industriale rischia di essere una strada obbligata»
Seconda parte dell'inchiesta di Confapi Padova sulla distanza tra scuola e lavoro. Abbiamo intervistato Piercarlo Marcato, titolare di Meccanica Marcato, azienda che produce minuterie meccaniche, 2 milioni di euro di fatturato e 16 dipendenti a Camposampiero: «Capisco perfettamente lo sfogo di Giancarlo Piva di Micromeccanica, perché anche noi stiamo scontando un problema analogo. Nel corso del 2016 ho effettuato 15 colloqui con ragazzi usciti da scuole professionali di indirizzo meccanico, ce ne fosse stato uno disponibile».
Che figura dovete inserire in organico?
«Cerco un paio di tecnici da formare affinché progettino, programmino e vadano a costruire l’oggetto su una macchina CNC. È proprio questo passaggio, ovvero lo sporcarsi le mani, che non accettano. Invece secondo me è l’aspetto più bello e stimolante del nostro mestiere. Ho contattato tutti gli istituti del territorio facendomi dare la lista dei ragazzi che non avrebbero proseguito gli studi e che dunque, ci si immagina, avrebbero puntato a entrare subito nel mondo del lavoro. Con tutti sono stato chiaro: avrete bisogno di un periodo di gavetta da trascorrere a bordo macchina, la cui durata dipende essenzialmente da voi, ma che in linea di massima dovrebbe essere di due o tre mesi, poi sarete inseriti nell’ufficio tecnico».
E nessuno si è fatto avanti.
«Proprio così. La mia richiesta è motivata: lavoriamo per conto terzi in un settore particolare, perché produciamo soprattutto pezzi per il lusso e per il settore biciclette, utilizzando qualsiasi tipo di metallo, dall’ottone all’acciaio inox, fino al titanio. Per loro stessa ammissione tuti i ragazzi hanno detto che avrebbero avuto bisogno di fare esperienza pratica per utilizzare i nostri strumenti. Un’esperienza che però non vogliono fare. Tant’è che arriviamo al caso limite di un ragazzo che mi ha addirittura risposto: “Alla sera esco spesso, quindi non so se tutte le mattine potrei presentarmi in azienda alle 8”».
Pare un luogo comune, ma è difficile usare altre parole: questi ragazzi hanno poca voglia di lavorare.
«Sì, questa è l’impressione. Una situazione che ci spinge a una considerazione: se l’automazione industriale di Fabbrica 4.0 è il futuro, accade perché è figlia dell’impossibilità di trovare manodopera disposta a fare lavori manuali. Ma non esaurisce il tema, perché occorre dar conto dello scollamento tra scuola e mondo del lavoro. Racconto un altro esempio, che affronta un altro aspetto della questione: sempre in tempi recenti ho avuto a che fare con un ragazzo appena uscito dalla triennale di Ingegneria Meccanica, che non sapeva disegnare con Autocad. In questo caso parliamo quindi di persone che hanno un’istruzione universitaria: ma cosa viene loro insegnato, visto che queste sono le basi per lavorare nel settore?».
Avete ancora bisogno delle figure che cercate dall’anno scorso?
«Sì, in questo periodo ci siamo arrangiati in qualche modo. Il guaio è che sono andate di mezzo commesse che abbiamo perso proprio perché siamo sotto organico. Nessun cliente al giorno d’oggi fa più magazzino, per questo serve essere tempestivi nel rispondere alle richieste, ma lo puoi fare solo se puoi utilizzare tutte le macchine a pieno regime. E guardate che il problema che abbiamo noi in realtà è diffuso tra molte aziende del settore».
Sul tema interviene anche Jonathan Morello Ritter, presidente dei Giovani imprenditori di Confapi Veneto: «Emerge sempre più evidente uno scollamento fra le aspettative degli studenti e le esigenze delle aziende del territorio. Ecco perché diventa più che mai urgente riallineare domanda e offerta, ma lo si potrà fare solo se la cultura d’impresa manifatturiera tornerà a essere insegnata. Dico di più: l’esperienza quotidiana al fianco delle aziende conferma quanto sia necessaria una ristrutturazione complessiva dei cicli scolastici che tenga conto delle mutate condizione della società in cui viviamo. Da questo punto di vista l’Italia per certi versi è rimasta ferma agli anni ’60» sottolinea Morello Ritter, che continua nella sua disamina: «Il Ministro dell’istruzione Valeria Fedeli ha recentemente affrontato il tema, ma lanciare l’idea non basta: è invece urgente che Mise, Mef, Ministero del Lavoro e Miur dialoghino tra loro vagliando una riforma che allinei l’Italia agli altri Paesi sviluppati, nei quali il percorso scolastico dura 12 anni e non 13, ma soprattutto è fondamentale che vengano istituiti percorsi obbligatori di alternanza scuola-lavoro. Esistono anche esempi felici sul territorio, come quello dell'Istituto tecnico Marconi, in cui i diplomati sono precettati dalle aziende ancora prima che termino gli studi, ma non è possibile che su un argomento così importante ci si debba affidare soltanto all’iniziativa dei singoli istituti. Il quadro sempre più comune è invece questo: gli imprenditori si trovano a dover inserire in azienda ragazzi che non hanno mai svolto un’esperienza professionale. Se questo accade, è proprio perché non c’è dialogo tra scuola e lavoro. Ma l’impresa non può farsi carico da sola della formazione dei ragazzi, è la scuola a doverla garantire».
Ecco come i mezzi d'informazione hanno dato rilievo al comunicato stampa di Confapi Padova:
"COLLOQUI CON 15 RAGAZZI MA NESSUNO VUOLE IL LAVORO" - IL MATTINO DI PADOVA 7 SETTEMBRE 2017
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova
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