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DUGHIERO: «NON DOBBIAMO AVER PAURA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE, MA CHATGPT NON POTRÀ MAI SOSTITUIRE L’UOMO»

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Una sorta di nuovo oracolo di Delfi, che promette di rispondere a ogni richiesta: ChatGpt è il software della startup americana OpenAI - finanziata, tra gli altri, da Elon Musk e da Microsoft - in grado di interagire in modo intuitivo con l’utente umano e produrre testi, immagini e video rispondendo alle sue domande. Ma c’è davvero da ipotizzare che rappresenti l’inizio di una rivoluzione nel modo di fare business di tante aziende e startup digitali? Ne abbiamo parlato con il professor Fabrizio Dughiero, Prorettore all’innovazione e ai rapporti con le imprese del dell’Università di Padova, già presidente di SMACT Competence Center del Triveneto e membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Unismart - della cui community fa parte anche Confapi Padova.

«Innanzitutto partiamo dalla distinzione tra ChatGpt e le chatbot che già da anni sono comunemente in uso e che offrono un servizio di domande e risposte pre-confezionate», premette il professor Dughiero. «Con ChatGpt siamo evidentemente a uno step successivo, perché sembra invece di essere di fronte a “qualcuno” che risponde in tempo reale, sugli argomenti più disparati».

Quali prospettive si aprono per il mondo industriale?

«Io sarei prudente a riguardo e farei delle distinzioni. L’Intelligenza Artificiale ormai si usa con risultati notevoli nel mondo manifatturiero, e cito ad esempio la manutenzione predittiva, la business Intelligence i sistemi di controllo, il digital Twin solo per citarne alcuni. In questi ambiti i risultati già raggiunti attraverso le tecniche di machine learning e deep learning sono notevoli, perché mettono a disposizione delle imprese algoritmi e gestione dei dati che possono riguardare tanto la gestione di impianti e processi, quanto l’analisi dei clienti-tipo interessati a un certo prodotto o servizio. Ma qui parliamo di un’altra cosa. Dirò di più, da docente universitario mi lasci fare una battuta: mi preoccupa di più che ChatGpt venga utilizzato da alcuni studenti per redigere un report o un tema su un determinato argomento, perché è potenzialmente più difficile trovare il plagio rispetto a una ricerca tradizionale su internet, potendo ChatGpt attingere da un database molto evoluto e utilizzando tecnologie enormemente sofisticate».

Certo è che si aprono scenari inimmaginabili sino a qualche anno fa.

«Ma, se andate a vedere bene, siamo ancora di fronte a un’intelligenza molto artificiale: domande e risposte seguono sempre una certa logica e sono ripetute. Se qualcuno pensa che OpenAI potrà sostituire l’intelligenza umana la riposta che mi sento di dare è chiara: no».

A riguardo, aggiungiamo una provocazione: eravamo portati a pensare che le professioni sostituibili dall’automazione fossero quelle ripetitive e meccaniche. Invece sembra che l’esplosione dell’intelligenza artificiale riguardi l’ambito delle attività più o meno “creative”. Quello di autori, scrittori, grafici, designer e giornalisti.

«Non sarà proprio così. L’intelligenza artificiale può aiutare la creatività e l’immaginazione ma non sostituirle. ChatGpt ad esempio non potrebbe rispondere a questa intervista, in cui stiamo reagendo a stimoli ed elaborando materiale che va al di là della semplice ricombinazione di cose già scritte. In questo senso mi sento di rassicurare chi teme scenari del genere: di sicuro l’Intelligenza Artificiale andrà a sostituire l’uomo nei compiti ripetitivi, ma non nei processi che richiedono creatività e in quelli in cui le emozioni giocano un ruolo importante».

Per ora o in assoluto? Possiamo, cioè prevedere evoluzioni ulteriori, considerando la montagna di denaro riversata per gli sviluppi di questa tecnologia, con OpenAI valutata 28 miliardi di dollari?

«Abbiamo sopravvalutato moltissime tecnologie che promettevano l’Eldorado, una tra tutte i Bitcoins quindi sarei piuttosto prudente nelle valutazioni a nove o dieci cifre. C’è una questione fondamentale che spesso dimentichiamo: l’intelligenza non è soltanto una serie di operazioni meccaniche e ripetitive. Non è solo un collegamento di neuroni attraverso le sinapsi. L’intelligenza è anche emozione. È passione. È saper interpretare i sentimenti e gli stati d’animo degli altri. E questo, badate bene, l’Intelligenza Artificiale non potrà mai farlo».

Però le imprese potranno comunque giovarsene.

«Certamente. Le imprese devono essere pronte a recepire tutto ciò che riguarda il mondo dell’Intelligenza Artificiale. E questo perché c’è ampio spazio di intervento in molti processi di business, come pure nel sociale. Non bisogna aver paura dell’IA, al contrario bisogna conoscerla per dominarla. Ma l’errore più grave sarebbe ignorarla, perché l’innovazione non si arresta e va messa al servizio delle nostre aziende e del nostro tessuto economico. Sono tecnologie che nascono dall’uomo e per l’uomo e che se si conoscono non possono spaventare».

Curiosità: lei ha provato a dialogare con ChatGpt e, se sì, che impressione ne ha ricavato?

«Sì, l’ho fatto, ma l’impressione è che produca testi ancora banali, con le carenze tipiche di un processo meccanico, che non è un’“intelligenza”. Vi invito a leggere la recente intervista che il direttore del Mattino di Padova Fabrizio Brancoli ha fatto a ChatGpt, esemplare nell’evidenziare certi limiti. Per dire, se voi rivolgete la stessa domanda a ChatGpt per tre volte, riceverete sempre la stessa risposta, magari un po' modificata, se fate lo stesso con un essere umano, cambiando il tono, l’intonazione, lo sguardo verso il vostro interlocutore, avremo tre risposte diverse».

Diego Zilio

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

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