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«QUANDO HO LASCIATO PORSCHE ITALIA MI DAVANO DEL PAZZO E INVECE…»

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Mercoledì 31 maggio l’incontro inaugurale del Gruppo degli investitori di Confapi Padova: con l’occasione abbiamo intervistato l’imprenditore Marco Trevisan, chiamato a gestirlo. Trevisan è il titolare di Trevisan Srl («Ma non è l’azienda di famiglia, l’omonimia era nel destino») e di Rettifica Nord. «Mi sono assunto dei rischi, ne valeva la pena. E ora credo che l’esperienza che ho maturato negli anni possa essere utile agli altri».

 

Quando si dice il destino. Una delle due aziende che guida ha il suo stesso cognome, «ma non era della mia famiglia. È stata una coincidenza molto fortunata e anche bella. Si vede che era scritto nel libro del destino e io l’ho assecondato», racconta Marco Trevisan. L’azienda è appunto la Trevisan Srl di Massanzago, impresa del settore metallurgico e metalmeccanico che si occupa di trattamenti termici. L’altra è la Rettifica Nord di Vigonza e opera nel campo delle lavorazioni di rettifica di particolari meccanici di piccole, medie e grandi dimensioni. Insieme assommano 70 dipendenti e raggiungono i 10 milioni di fatturato. E la storia che racconta Trevisan è quella di un uomo che ha voluto e saputo rimettersi in gioco. Con successo. E che ora vuole mettere la sua esperienza al servizio degli altri attraverso il neonato Gruppo degli investitori di Confapi Padova. Gruppo che si rivolge agli imprenditori associati, nella comune veste di azionisti e investitori. Il primo incontro, in programma il 31 maggio in Banca Sella, sarà l’occasione per riflettere di strategie e visioni prospettiche per la propria attività d’impresa e d’investimento, tra colleghi, istituzioni ed esperti.

Dottor Trevisan, ci racconta come nasce il Gruppo e quali sono i suoi obiettivi?

«L’idea viene dalla mia esperienza personale e da una constatazione: mi sono reso conto che nel campo di quella che in gergo tecnico si chiama M&A, ovvero la Merger and Acquisition - che comprende le operazioni di acquisizione o fusione, arrivando a modificare l’assetto di due o più aziende - proprio l’esperienza e la possibilità di ricorrere a professionisti qualificati si può rivelare molto utile per gli imprenditori. L’argomento è molto attuale, perché prima o dopo a quasi tutte le aziende può accadere di arrivarci. Ma il punto è che molto raramente si giunge preparati a operazioni come queste. Banalmente perché può capitare che ci si trovi in una situazione del genere una volta nella vita e le si affronta spesso con preconcetti non adatti, che si scontrano con quella che poi è la realtà. Invece quello dell’M&A è un mestiere a sé, e l’imprenditore non è preparato perché non sa quali sono i parametri per valutare un’azienda, quali sono i prerequisiti che la rendono appetibile per un fondo di investimento piuttosto che per un investitore istituzionale o per un gruppo, non conosce i prerequisiti da un punto di vista organizzativo e finanziario. Tutte situazioni che normalmente non si considerano. Col Gruppo degli investitori vogliamo, appunto, mettere a disposizione una sorta di consulenza in questo campo».

Quanto detto vale per chi vuole acquisire o per chi vuole cedere un’impresa?

«In tutti e due i casi, sia che tu sia il soggetto che acquisisce sia se sei quello che cede. Ma in realtà il campo in questione è molto più ampio. Perché gli stessi problemi si presentano anche se cerchi un socio o se ti trovi nella posizione di doverne liquidare uno. O se cerchi finanziamenti che si scostano dal canale bancario tradizionale, ricorrendo magari a un bond o a un’obbligazione. O nel momento, sempre molto delicato, del passaggio generazionale. Vedete che le situazioni sono diverse, ma accomunate dal fatto che in tutti questi casi entrano in gioco valutazioni che spesso l’imprenditore non è abituato a fare».

Facciamo un passo indietro e parliamo di lei: da quanto guida le due aziende?

«Trevisan l’abbiamo acquistata nel 2015 assieme ai soci di VeNetWork, gruppo di una cinquantina di imprenditori e che fa capo ad Alberto Baban. L’abbiamo acquisita dalla famiglia del fondatore, che era mancato nel 2013. Io sono entrato come amministratore delegato e socio di minoranza, al 10%. Con gli anni ho aumentato le mie quote, diventando proprietario al 100%. Il controllo di Rettifica Nord è più recente: l’ho rilevata un paio di anni fa, quando ne aveva già quaranta di storia alle spalle. Peraltro, ai tempi, è stata una delle socie fondatrici di Confapi Padova. L’acquisizione di Rettifica Nord ha fornito anche l’occasione per iniziare un’avventura imprenditoriale assieme a mio fratello Alvise, che è rientrato in Italia dopo averne trascorsi 16 all’estero, facendo il manager e l’imprenditore. Alvise riveste il ruolo di amministratore delegato dell’azienda e parla fluentemente cinque lingue: il suo è un efficace esempio di rientro di cervelli».

Lei, però, non nasce come imprenditore ma come manager.

«Ho iniziato da zero. La mia tesi era sulla Silca di Vittorio Veneto, impresa attiva nel settore delle chiavi e delle macchine per la duplicazione. Dopo la laurea l’azienda mi ha chiesto di lavorare da loro, al terzo livello. Da lì è stato un crescendo regolare, in una carriera da manager più che ventennale che mi ha portato poi in Porsche Italia, dove sono stato direttore marketing. Lasciata Porsche, sono stato direttore generale di un gruppo di aziende del settore plastica di Bergamo, fino al 2015, poi sono diventato imprenditore attraverso VeNetWork».

Da dove è nata questa voglia di mettersi in discussione in prima persona?

«Ho sempre cercato nuove responsabilità e nuove sfide. In Porsche avevo un ambiente di lavoro straordinario, l’auto aziendale più bella che si potesse desiderare, colleghi internazionali e visibilità da ogni punto di vista. Quando l’ho lasciata, nel 2012, a 43 anni, tutti mi dicevano: sei impazzito. Ma non mi bastava, volevo crescere e fare un salto. Per certi versi, il passo fatto da direttore generale a imprenditore è stato automatico, e l’ho compiuto prescindendo da status e immagine».

Quale la difficoltà più grande che ha dovuto affrontare nel passaggio di ruolo?

«Io ho sempre ragionato da imprenditore, come se uffici e reparti fossero miei, per cui in realtà non ho cambiato il mio modo di pensare. Certo, il rischio è stato alto. Ho dovuto fare “lascia o raddoppia” più volte con i miei risparmi, investendo tutto quanto avevo accumulato da manager e tornando poi a farlo. Ma impegnandomi al 100% sono sempre riuscito a superare ogni sfida».

Mai avuto tentennamenti?

«Mai, perché sapevo che era l’unica cosa che potevo fare per sentirmi realizzato. Non volevo rimanere dipendente, sia pure ad alto livello».

Le sfide la attirano. Quali sono quelle che vede nel suo futuro nei prossimi anni?

«Io sono per natura ottimista e sono certo della solidità e dell’ambizione del nostro tessuto manifatturiero, dimostrata nei fatti, riuscendo a superare la pandemia e a rilanciarsi. La sfida è pertanto quella di continuare a investire e dare una connotazione sempre più manageriale a imprese come le nostre, che sono sempre state a conduzione familiare. Cambiare la mentalità acquisita nel tempo non è facile. Ne accennavamo all’inizio: quello del passaggio generazionale è un tema cruciale per molte aziende, in particolare nel nostro territorio. Io ho voluto rendere queste aziende indipendenti da me, se vogliamo metterla così, dando loro una struttura manageriale in termini di deleghe, responsabilità, organigramma, competenze e certificazioni. In sostanza dare loro un’organizzazione in grado di funzionare anche se non ci fossi io».

 

Diego Zilio

Ufficio Stampa Confapi Padova

stampa@confapi.padova.it

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