Intervista all’imprenditore Massimo Marcon in concomitanza con i cinquant’anni di I.A.C.E.R.: «L’autonomia premierebbe il merito, ma temo che non se ne parlerà più»
«Parlo da imprenditore e dico che non sono ottimista. E non lo sono perché, a dispetto delle parole del presidente Conte quella tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico mi sembra un’alleanza nata “contro” piuttosto che il frutto di un vero matrimonio. E badate che la mia è una considerazione che va al di là del colore politico delle opinioni». Parole dell’imprenditore Massimo Marcon, che abbiamo intervistato in concomitanza con i festeggiamenti per il primo mezzo secolo di vita di I.A.C.E.R-I-Tech Medical Division, azienda di cui è presidente e che negli ultimi 5 anni ha venduto ben 180 mia dispositivi per la terapia domiciliare e professionale (nella foto Marcon è al centro, con l'amministratore delegato Matteo Zennaro a sinistra e Massimo Pulin, presidente nazionale di Confapi Sanità, a destra).
In questo caso sarebbe “contro Salvini”, ma resta il fatto che è stato il leader della Lega a far cadere il precedente esecutivo.
«Da parte sua c’è sicuramente stata una forzatura. In questo senso, se mi passate la metafora credo che la politica si possa paragonare al gioco degli scacchi. I più bravi riescono a immaginarsi le prossime 100 mosse, proprie e dell’avversario, io che non sono un giocatore così valido riesco ad arrivare alle prime 5 o 6. Ecco, penso che Salvini stesso sia rimasto spiazzato dalla piega che hanno preso le cose e che non abbia calcolato le mosse che ci sarebbero state e ciò che sarebbe accaduto. Alla fine, i numeri dicono che le elezioni non le hanno vinte le forze che ora sono al governo, ma la politica si fa nel palazzo e non solo con i sondaggi».
Ne consegue che non ritiene che questo governo potrà rispondere alle vere esigenze degli imprenditori. Se lei potessi indicare le priorità all’esecutivo, quali sarebbero?
«L’unica cosa che chiedono gli imprenditori è che non vengano messe le mani nelle loro tasche come accade da sempre a causa della fiscalità esosa che li attanaglia: la riduzione del cuneo fiscale e delle tasse è la priorità, unita alla flessibilità nel mercato del lavoro. Badate, in questi anni è passata l’idea che gli imprenditori abbiano la necessità di contributi e misure al limite dell’assistenzialismo per poter rimanere competitive: non è così. Un’azienda solida non ha bisogno di voucher per andare avanti, ma sa procedere per la sua strada indipendentemente da questi aiuti. Il problema è che gli imprenditori sono ostacolati».
Concetti, questi, perlopiù assenti nel discorso in cui Conte ha accettato l’incarico per un governo bis.
«La fortuna dell’Italia è quella di poggiare su una classe imprenditoriale straordinaria, a dispetto di un Paese che la demonizza e in cui in tanti pensano agli imprenditori come a persone che badano solo ai propri interessi, senza considerare che chi investe fa qualcosa che giova alla collettività e non solo a sé stesso. In questo senso, gli imprenditori stanno tenendo in alto l’Italia nonostante e non grazie a questa classe politica. Se l’Italia è ancora competitiva nei confronti di competitors come Germania o Francia il merito è soltanto loro».
L’altra questione all’ordine del giorno riguarda il peso del Nord: numerosi osservatori hanno sottolineato come l’esecutivo, perlomeno se ci si limita a considerare i nomi dei ministri incaricati, sia fortemente sbilanciato verso Sud. Ne consegue che un tema molto caro al Veneto come l’autonomia probabilmente uscirà dall’agenda politica.
«Mi sembra che anche da questo punto di vista traspaia lo scollamento fra la realtà e la politica. Temo che di autonomia non si parlerà più per diversi anni, anche se credo che non se ne sarebbe parlato sul serio comunque perché non sarebbe stata una priorità nemmeno con un governo con dentro Fratelli d'Italia e Forza Italia. È un punto a cui prestare attenzione: quando si parla di autonomia non si intende il voler “andare da soli”, né tantomeno nessuno tira in ballo la secessione o altre faccende del genere, come spesso si sente dire da chi vuole mettere alla berlina la questione. Al contrario, si intende, semplicemente, l’applicazione di un principio di responsabilità in grado di premiare chi gestisce i conti della propria regione in maniera corretta. Cosa c’è di sbagliato in tutto questo?».
Diego Zilio
Ufficio stampa Confapi Padova