L’intervento di Giorgio Tamaro, DG Fapi al Master Confapi - Federmanager: «In diciotto mesi Padova ha raddoppiato i lavoratori iscritti. Ma sull’innovazione di processo la strada da compiere è lunga: in Italia soltanto il 10% delle imprese chiede di finanziarla»
«Confapi Padova guida la crescita del Fondo. Oggi questo territorio è fra le eccellenze del sistema confederale, assieme a Torino, alla Lombardia, a Pesaro e a Salerno». Parole del Direttore Generale del Fapi Giorgio Tamaro, pronunciate a margine della tavola rotonda dal titolo “Finanziare l’innovazione di processo”, che si è svolta venerdì 28 ottobre, rivolgendosi a tutti i partecipanti del Master Confapi - Federmanager.
«Per certi versi, la risposta del territorio padovano è sorprendente, se si considera che il sistema è stato ricostruito negli ultimi vent’anni. Ma qui più che altrove si è capito che le Associazioni devono rivedere il proprio ruolo e le proprie funzioni nei confronti delle aziende associate: non possono più limitarsi a riscuotere le quote associative ma devono offrire servizi utili alle imprese. Tra questi, la formazione continua è fondamentale. Nello specifico oggi fanno capo a Padova, comprendendo anche le province di Verona e Vicenza, 1.721 imprese aderenti al Fapi sulle 2.245 del territorio veneto, con 15.609 lavoratori dipendenti, e una crescita che, soltanto negli ultimi 18 mesi, è stata del 25.5%. Guardando soltanto Padova, sono addirittura raddoppiati i lavoratori dipendenti iscritti al Fondo» prosegue Tamaro, coinvolto nel dibattito assieme a Carlo Valerio, imprenditore e presidente di Confapi Padova, don Nicola Giacopini, Direttore Istituto Universitario Salesiano Venezia, Ruggero Segatto, esperto di formazione continua e alta formazione e Davide D’Onofrio, Direttore di Confapi Padova, che ha moderato i lavori.
Affrontare il tema dell’innovazione di processo è tuttavia spinoso. «Che cosa s’intende per innovazione di processo? Tutto ciò che è correlato alla crescita dell’efficienza nella fornitura di un prodotto o di un servizio, dall’organizzazione tecnologica dell’azienda, alla gestione delle risorse umane e delle varie fasi del processo produttivo. Ebbene, per arrivarci sono richiesti investimenti importanti. Perché se è vero che attraverso i finanziamenti del Fapi è possibile insegnare a utilizzare i nuovi sistemi alla propria manodopera, è lo sforzo che precede questa fase, relativo appunto all’introduzioni dei processi di innovazione, a essere costoso, e l’unica possibilità per affrontarlo è la creazione di reti d’impresa e filiere: mettere assieme aziende simili per finanziare gli investimenti necessari. Ma in Veneto, più ancora che in altre regioni, riuscirci è complicato, perché non sempre ci si fida degli altri. Cito l’esempio dell’occhialeria del Cadore, che produceva gli occhiali migliori al mondo e avevano le potenzialità per sfondare anche all’estero, ma in cui i piccoli imprenditori non hanno avuto l’intelligenza di capire che mettersi assieme era la chiave per essere competitivi sul mercato, cosa che, al contrario, hanno capito nel distretto delle calzature del Brenta».
«Il mondo è cambiato, il modo di fare impresa è mutato e oggi la formazione continua rappresenta l’anello di congiunzione tra chi vuole crescere e un mercato sempre più selettivo e professionalizzato. Il nostro compito è quello di sostenere le imprese in questa sfida di selezione naturale» ha sottolineato il Dg Tamaro. «Certo, sarebbe auspicabile se le imprese non richiedessero finanziamenti soltanto per corsi di inglese base, informatica di base o sicurezza, come ancora accade spesso, ma li utilizzassero per studiare nuovi percorsi di innovazione di processo: attualmente, in Italia, soltanto il 10% delle richieste avviene per queste ragioni».
La tavola rotonda ha consentito di affrontare il tema da prospettive diverse, evidenziando le opportunità messe a disposizione dal Fapi - Fondo interprofessionale nato allo scopo di promuovere lo sviluppo della Formazione Continua nelle PMI quale strumento di competitività delle imprese e di garanzia occupazionale per i lavoratori – e analizzando come Università e imprese possono collaborare e considerando le potenzialità che possono emergere.
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova
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