I dati emersi dal convegno della Fondazione Radicanti e Ruzantini: oggi ci sono 897 zone industriali a Padova, 5.697 in Veneto
Ammonta a più di 68 milioni di metri quadrati il territorio padovano occupato dai comparti produttivi - attivi o inattivi che siano - pari al 5,2% dell’intera superficie della provincia. Si tratta del valore più alto del Veneto. I dati sono emersi nel corso del convegno organizzato dalla Fondazione Radicanti e Ruzantini - in collaborazione con il Criep, l’Icea, e con l’Ordine e la Fondazione degli Ingegneri di Padova - che si è svolto venerdì 23 settembre nella sede della Cassa di Risparmio del Veneto. Tra i relatori il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio: «L’eccessiva cementificazione è figlia degli anni miracolo economico del Nord Est. Oggi ci sono le risorse per riqualificare le aree produttive, ma serve un’azione combinata di comuni, regione e associazioni di categoria».
Il Nord Est produttivo, quello dell’impresa diffusa e della casa con annesso capannone, ha portato al proliferare di piccole e piccolissime zone industriali tanto più fragili quanto meno organizzate con criteri di logistica e servizi capaci di produrre economie di scala: oggi sono 897 a Padova, 5.679 in Veneto, come emerso dalla relazione presentata dai professori Pasqualino Boschetto e Alessandro Bove, rappresentanti anche dell’Ordine professionale degli ingegneri. In media dieci per ogni comune del territorio. Sempre nel Padovano, per ogni sei metri quadrati occupati da abitazioni ce ne sono altri quattro occupati da capannoni industriali.
«Parlo da presidente di Confapi, ma anche da imprenditore e da ex amministratore di un comune del Padovano e dico che nel territorio c’è stata una proliferazione selvaggia di insediamenti produttivi - frutto della speculazione edilizia - non adeguatamente attrezzati per quanto riguarda servizi logistici e trasporti. Oggi sono sempre di più le aree abbandonate le cui capacità attrattive, a livello economico, sono sotto lo zero per la necessità di bonifiche costose» ha ricordato Valerio nel suo intervento. «La soluzione al problema deve essere per forza di cose radicale e passa dal recupero delle aree dismesse, che permetterebbe di evitare un ulteriore processo di cementificazione: è necessario utilizzare le risorse messe a disposizione dal credito edilizio e i fondi europei per la riqualificazione per radere al suolo una parte di queste aree e ricostruirle, facendo in modo che ci siano le condizioni logistiche per renderle fruibili. Quello che resta delle vecchie aree industriali va raggruppato in modo che le “nuove” zone industriali siano tenute insieme da una coerenza interna. E’ ovvio che per riuscire a fare tutto questo occorre però rivedere l’insieme delle politiche imprenditoriale combinando l’azione del governo regionale a quella dei singoli comuni, con l’apporto del mondo delle associazioni di categoria. L’obiettivo, in altri termini, è quello di pervenire a politiche territoriali sostenibili e durevoli. Solo così sarà possibile supportare le strategie di rinnovamento delle aree produttive».
Parole sottoscritte, nel corso del suo intervento, dal professor Luciano Greco, del dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università di Padova. «Sarebbe opportuno improntare una legislazione di sistema finalizzata ad incentivare la bonifica proponendo sgravi fiscali per chi decide di insediarsi in aree già sfruttate, e indicando le destinazioni d’uso in un ambito di programmazione condiviso. Solo così si potrebbe arginare un fenomeno, quello del consumo di suolo e dell’abbandono delle aree sfruttate che rischia di deturpare ulteriormente un territorio già ampiamente stressato nel corso di una lunga industrializzazione».
«A voler osservare una cartina delle superfici complessive dei comparti produttivi sono evidenti tre diversi fenomeni» ha aggiunto il professor Alessandro Bove, del dipartimento di Ingegneria Civile, edile e ambientale dell’Università. «Quello dell’arroccamento metropolitano, dove Padova è il centro attrattivo delle attività produttive, forte di una zona industriale la cui superficie è ben superiore a quella del centro città e che ha attirato attorno a sé centinaia di altri insediamenti satelliti nei comuni dell’hinterland. Diversa la situazione dell’Alta Padovana dove si osserva una condizione di insediamento diffuso capace di dare al tessuto una solidità più strutturata. Più instabile la situazione della Bassa Padovana dove aree di grande diffusione degli insediamenti si alternano ad altre molto meno popolate. Qui la desertificazione industriale presenta percentuali che arrivano fino al 25%, ovvero un sito produttivo su quattro oggi è abbandonato».
Alla tavola rotonda hanno partecipato, tra gli altri, Remo Realdon, presidente della Fondazione Radicanti e Ruzantini, che ha aperto i lavori; il Prof. Gilberto Muraro, Presidente Cassa Risparmio del Veneto; Fernando Zilio, Presidente della Camera di Commercio di Padova, e Filippo Mazzei, Imprenditore dell’Anci di Padova e Giancarlo Piva in rappresentanza di ANCI Veneto.
Diego Zilio
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