Federico Bortolami guida Bp Riduttori assieme alla sorella Romina: «Facciamo continui investimenti, ma i più importanti sono quelli sui dipendenti»
«Quando mio padre ha cominciato a darsi da fare per ricreare l’Api di Padova, 23 anni fa, anch’io l’ho aiutato. E proprio in senso fisico: portando su i mobili in ufficio. Ci siamo riboccati le maniche, letteralmente. E ricordo anche che a un certo punto gli ho chiesto: ma chi te lo fa fare? Perché tutta questa fatica? Perché dedichi tutto questo tempo a un’impresa del genere? Poi ho capito». L’ingegner Federico Bortolami, che ne ha raccolto le redini alla BP Riduttori assieme alla sorella Romina, e che ha in suo marito Cristian un vero braccio destro, racconta la sua esperienza. E il modo tutto speciale che hanno in azienda per cementare il gruppo.
E ha compreso qual era la molla che spingeva suo padre?
«Sì. Ho imparato che, anche se non portava fatturato diretto, l’impegno in Associazione era mosso da principi importanti, in particolare dalla possibilità di costruite una rete che facesse da guida per gli altri e dalla soddisfazione personale che ne derivava. È la stessa spinta che l’anno scorso che ci ha portato a riassociarci, con mia sorella Romina che in prima persona segue i rapporti con Confapi. Sapere che, se hai un problema, semplicemente alzando la cornetta puoi trovare qualcuno che ti dà una mano a risolverlo è qualcosa di impagabile».
Nel frattempo, un paio d’anni fa BP, che è nata nel 1968, ha festeggiato il mezzo secolo di vita.
«E mio padre Franco e mia madre Rosa, pur avendo ceduto il “potere decisionale”, sono sempre un punto di riferimento: qui in sede è ancora lei ad aprire gli uffici alla mattina ed è bello che sia così, segno della passione che hanno sempre avuto per quello che non è soltanto un posto di lavoro. Il suo esempio ci guida ancora».
E lei, come ha iniziato il suo percorso imprenditoriale?
«Lavoro qui da quando ho terminato gli studi, nel ’96. Ho cominciato con la formazione assieme ai clienti esteri, trascorrendo diversi mesi in Germania e in altre nazioni. Quel periodo mi ha permesso di capire sia come è strutturata una grossa azienda sia le diversità esistenti tra le varie imprese, e mi ha consentito di vedere dal vivo come vengono affrontati i problemi di ogni giorno nelle diverse realtà. Dopodiché mi sono gettato nel lavoro in BP a testa bassa. Devo anche dire che in realtà è vero che ho cominciato nel ’96, ma sono inserito qui da quando ero bambino: sono cresciuto in azienda. In questo senso credo che la mia esperienza sia in linea con il modello veneto che si ritrova in molte imprese del territorio».
Com’è cambiata la vostra attività negli anni?
«Siamo partiti lavorando soprattutto con il settore agricolo, ma col tempo, operando su commessa e su ordine, ci siamo adattati alle richieste del mercato, spostandoci su materiali di maggior valor aggiunto, da curare di più. Il nostro mercato è cambiato un po’ alla volta, ma è cambiato tanto, tant’è che oggi abbiamo praticamente abbandonato il settore agricolo. La concorrenza è diminuita ed è aumentata la qualità, perché ci rivolgiamo a clienti molto più esigenti, in settori come chimica, garden, farmaceutica, ferroviario, manutenzioni di fonderie e grossi impianti. Inoltre collaboriamo con gli uffici di progettazione per ottenere omologazioni. Abbiamo dovuto investire nella sala metrologica, nei macchinari e nella formazione, perché cambiando i commitenti è cambiato il modo di lavorare e questo richiede anche nuove competenze da parte dei nostri dipendenti».
Modifiche che non possono avvenire dall’oggi al domani.
«È stato un passaggio graduale e obbligato. Fossimo rimasti nel settore agricolo avremmo avuto troppa concorrenza e margini bassissimi e oggi, credo, ci troveremmo con poco lavoro. Continuiamo però a occuparci di ingranaggeria e organi di trasmissione, che coprono oltre il 90% della nostra produzione. Su richiesta produciamo anche gruppi interi, su capitolato del cliente. L’estero incide per il 20% sul nostro fatturato, che è poco al di sotto dei 3 milioni di euro, e la tendenza di questi anni lo vede progressivamente in calo. Un’evoluzione che abbiamo studiato per cercare di spiegarla: credo possa dipendere dalla maggior concorrenza esistente all’estero nel nostro campo e dal fatto che in Italia abbiamo potuto puntare di più sulla fidelizzazione del cliente, offrendo il valore aggiunto dell’assistenza continua».
Come avete affrontato le conseguenze della pandemia?
«Per quanto ci riguarda, il Covid ha portato a spostamenti di consegne, più che ad annullamenti di ordini. E devo dire che ne abbiamo approfittato per operare alcuni investimenti, approfittando di un calo in alcuni prezzi nei macchinari che ci servono, e poi prendendo spunto per capire come organizzarci nel caso si ripresentasse una situazione del genere».
E cosa avete capito?
«Che è necessario avere un polmone economico di liquidità. È fondamentale. Perciò, non siamo interventi tanto sulla struttura della produzione ma sulla gestione della liquidità e dei flussi di cassa. Parallelamente, nell’ultimo anno abbiamo investito sull’immagine aziendale e questo perché, più il settore è specifico, più l’immagine con cui ti presenti conta. Anche la semplice marcatura di un pezzo di ferro ha il suo valore: lo marchiamo non per venderlo a un prezzo maggiore ma per migliorarlo a livello estetico. Alla lunga paga. E poi stiamo lavorando sulle persone, sulla formazione, ma anche sul creare un ambiente positivo, perché è il patrimonio che ci rende competitivi.
E le foto sulla pista di go-kart che vediamo nel profilo Instagram di BP c’entrano qualcosa?
«Sono iniziative che facciamo assieme ai dipendenti, che oggi sono 27, per creare gruppo. In quell’occasione abbiamo svolto un challenge sui go-kart, seguito da una pizzata. È un modo per rafforzare la coesione interna e, in un certo senso, è anche quella formazione, perché questa parola va intesa a 360°. Gli investimenti non riguardano solo i macchinari ma anche, se non soprattutto, le persone».
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova