Moreno Zuin, titolare della Modelleria che porta il suo cognome: «La nostra peculiarità? Seguire il cliente in ogni fase»
«Esiste una vera scuola padovana di modelleria. Non è un caso se nell’Alta Padovana ce ne sono diverse, perché le origini di tutte quelle che oggi sono attive sono radicate negli anni ’50. Quella stessa esperienza è stata tramandata di generazione in generazione». Dalle parole di Moreno Zuin, titolare della modelleria che porta il cognome di famiglia, traspare tutta la passione per il suo lavoro. Ma anche la voglia di coniugare tradizione e innovazione, partendo dall'esempio di suo padre e arrivando a collaborare persino con Alex Zanardi.
Da dove parte l’avventura imprenditoriale di Moreno Zuin?
«Comincia, in realtà, da quand’ero dipendente, dietro a mio padre Ottorino, capo-modellista e già direttore della Fonderia Breda e della Fonderia Brenta, dalle cui ceneri è poi nata la Maschio Gaspardo. Ho iniziato a seguire le sue orme nel ’77, a 14 anni, e una prima svolta ci fu nell’81, di ritorno dal servizio militare: successe che il vecchio datore di lavoro di mio padre, che non aveva figli, gli chiese di prendere in mano la sua azienda. Io lavoravo appunto con lui: all’inizio avevamo due dipendenti, poi, nel ’92, abbiamo inserito anche mio fratello. E arriviamo purtroppo al ’95, quando mio padre è venuto a mancare dopo un ictus e io mi sono trovato di colpo sbattuto dalla seconda linea in prima».
In modo del tutto inatteso.
«Già. Avevo perso quello che era il mio assoluto punto di riferimento. E in quel momento le alternative erano due, o buttarsi giù o tuffarsi nel lavoro. Ho scelto questa seconda strada. Subito è prevalso l’orgoglio e mi sono detto: se lui ha fatto tanto, noi faremo tre volte di più. Porteremo avanti il suo lavoro e il suo nome».
Nome che compare nell’insegna dell’azienda dal 2000.
«Sì, quando abbiamo creato la Modelleria Zuin, affiancandole un ufficio tecnico, chiamato a occuparsi di progettazione per noi e per conto terzi. Pur rimanendo sempre a Cadoneghe abbiamo anche cambiato sede, perché ormai era diventata stretta. Nel 2002 abbiamo inoltre messo in piedi un servizio di prototipazione rapida, ampliando ulteriormente i settori anche grazie ad acquisizioni e altre società, e investendo moltissimo per riuscire a offrire un servizio completo ai nostri clienti».
Poi è arrivata la crisi.
«Quel maledetto 2008 che ci ha tagliato le gambe. Abbiamo chiuso alcune attività, come l’animisteria, ma non abbiamo mai dichiarato fallimento: sarebbe stata una sconfitta troppo grande per noi. Al contrario, abbiamo venduto immobili, appartamenti e ipotecato fino all’inverosimile. Ma siamo rimasti in attività, ricreando il circuito completo di prima attraverso varie partnership. Oggi riusciamo a fornire progettazione, prototipo grezzo, prototipo lavorato e attrezzatura per stampare la produzione in serie. Lo preciso perché non lo fa nessun altro nel nostro settore. Possono magari esserci modellerie e animisterie più attrezzate, ma noi offriamo il servizio completo e il valore aggiunto di quarant’anni di esperienza, quelli che ci consentono di spaziare dall’automotive all’arredamento».
Quali sono le vostre dimensioni, oggi?
«Modelleria Zuin conta 14 dipendenti e fattura 2,5 milioni, mentre altri 5 dipendenti sono impegnati nella progettazione, con cui fatturiamo intorno ai 600 mila euro. In tutto siamo sopra i 3 milioni. Lavoriamo per aziende italiane, che poi a loro volta si rapportano con l’estero».
Quanto ha inciso la pandemia sulla vostra attività?
«Siamo stati relativamente fortunati, perché abbiamo sempre continuato a lavorare. Anche se c’è stato un rallentamento negli ordini e una diminuzione dei margini. A oggi siamo a un -3% nel fatturato rispetto all’anno scorso. Siamo riusciti a non rimetterci troppo proprio grazie al fatto che i nostri servizi sono diversificati. Altre aziende del territorio, che si occupano esclusivamente di modelleria, sono in grossa sofferenza, perché sono rimaste ferme per mesi. E qui ci sarebbe da allargare il discorso, perché da anni noi abbiamo provato a dialogare con le altre realtà del settore, perché siamo convinti che proprio la collaborazione permetterebbe anche di superare meglio momenti come questo, invece ognuno guarda solo in casa sua. E il risultato di questo scarso dialogo è che le aziende del settore si “vendono” male e non si fanno rispettare. Mi spiego con un esempio: se un qualsiasi meccanico ti chiede 40 euro l’ora per lavorare sulla tua auto, tu come cliente glieli dai senza fiatare. Se una modelleria che ha investito centinaia di migliaia di euro in tecnologia - cosa che noi continuiamo a fare con l’obiettivo di rimanere sempre all’avanguardia - te ne chiede 30 per la stessa ora di lavoro, quello passa quasi per un furto. Vi pare normale?».
La qualità del vostro lavoro è riconosciuta. Anche Alex Zanardi l’ha apprezzata, rivolgendosi a voi.
«Lo conosco bene e sono vicino alla sua famiglia in questo momento difficile. Assieme abbiamo prodotto le parti in carbonio utilizzate nella sua handbike: la seduta, il poggia-gambe, il copri-catena e molte altre. Quell’handbike è stata poi presentata anche all’Inail e molto apprezzata per la sua versatilità. Abbiamo continuato anche per i prototipi successivi e ne è nata un’amicizia. Lui veniva in officina a progettarsi i pezzi e a vederli realizzati: sembra incredibile, ma lo ricordo mentre col flessibile si metteva in prima persona a modificarli. Chiunque vi dirà che lui è una persona straordinaria, ma posso testimoniare che non è piaggeria: è davvero così. La prima cosa che colpisce, incontrandolo, è la sua genuinità».
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova