Dallo scorso luglio ricopre l‘incarico di Commissario al turismo della Confederazione. Ma è già stato Presidente nazionale dei Giovani imprenditori di Confapi oltre che, ovviamente, imprenditore a sua volta. 37 anni, padovano, Jonathan Morello Ritter si racconta in questa intervista. Parlando delle sfide che lo attendono nel suo nuovo ruolo, certo. Ma anche del percorso personale compiuto in questi anni.
Oggi lei è nella Giunta nazionale di Confapi con la delega per il turismo, uno dei settori più importanti per il Paese ma allo stesso tempo uno dei più colpiti dalla pandemia. Quali difficoltà sconta e quali sono le sue priorità per ripartire?
«Il turismo insieme all’export rappresenta già la metà del Pil italiano e credo che potrebbe crescere ancora di più. In particolare, potrà farlo se riusciremo a cavalcare le opportunità che ci aspettano grazie al Recovery Plan. E dobbiamo farlo con un altro passo rispetto al passato. In primis rendendo più chiara la normativa che lo disciplina, sia dal punto di vista interpretativo che nella certezza dei tempi di attuazione. Uno dei problemi più grandi di chi investe in Italia è quello, appunto, dell’incertezza, per cui si cambiano in corsa le regole del gioco. E invece è necessario dare alle imprese, anche nel settore turistico, un panorama certo e definito di almeno cinque anni per far ripartire gli investimenti. Allo stesso modo, il settore necessita di maggiori infrastrutture pubbliche, che ad oggi rendono poco praticabili alcune località. E potrebbe essere un’opportunità puntare su una combinazione fra il turismo congressuale e quello vacanziero-culturale. In pratica, sollecitando le imprese straniere a venire in Italia per visitare la nostra terra e conoscere le nostre aziende, dando così una mano anche all’export dei nostri prodotti. Infine ritengo sia necessario subito un piano di marketing attrattivo. Dall’estero sono ancora pochissimi i turisti a causa del Covid e dell’incertezza delle procedure che rischiano di bloccare in quarantena chi arriva. Tutte persone che dobbiamo tornare ad attirare non appena sarà possibile».
Fino al 2020 ha guidato i Giovani imprenditori di Confapi a livello nazionale: quali sono i problemi che affronta un giovane che oggi voglia fare impresa in Italia?
«Purtroppo oggi il problema è che i giovani non vogliono fare impresa. La figura professionale dell’imprenditore non è per nulla incoraggiata dal sistema scolastico e un giovane che comunque si spinge a voler far impresa spesso lo fa del tutto impreparato. Chi riesce poi a superare il periodo critico dei primi anni di attività si trova spesso a dover fare i conti con una sottocapitalizzazione della propria azienda e quindi a una difficoltà ad accedere a finanziamenti per investire sulla propria attività. Però le ragazze e i ragazzi d’oggi hanno una fortuna innata: i giovani nascono “green e digitali” e saranno quindi gli attori più idonei a cavalcare la transizione digitale ed ecologica del Recovery Plan. Credo inoltre che i giovani siano coscienti della necessità di impostare e far crescere le proprie aziende in maniera manageriale, abbandonando l’approccio “padronale”, pronti così a una visione globale del mercato. Inoltre i giovani sono consapevoli della necessità di formazione continua per loro stessi e per i propri dipendenti. Questa sarà la vera chiave di volta per la lotta contro la disoccupazione: l’unica strada per trovarsi un lavoro o per mantenerlo sono le competenze e non di certo il sogno del contratto a tempo indeterminato a tutti i costi».
Lei ovviamente conosce bene il tema per averlo vissuto in prima persona. Ci racconta la sua storia: come nasce il Morello Ritter imprenditore?
«I miei genitori hanno lavorato nel settore pubblico, ma terminati gli studi nelle Scienze ambientali sono stato incoraggiato nella mia scelta di lavorare in proprio. Dopo una breve esperienza da impiegato nel settore pubblico nel 2009 ho lavorato da libero professionista come consulente. L’anno successivo ho avuto la fortuna di conoscere imprenditori che hanno avuto fiducia in me e mi hanno aiutato ad avviare la mia carriera. Dal 2010 sono quindi titolare della società Ambico Ambiente Consulenza Srl. I primi anni sono stati molto duri ma con i miei dipendenti siamo riusciti a cavalcare le opportunità legate alle energie rinnovabili come società di ingegneria e a crescere come Pmi. Parallelamente ho incominciato a frequentare Confapi Padova, Associazione che mi ha permesso di aprire le mie vedute e di accedere a molte opportunità. Grazie all’incoraggiamento del caro amico e direttore di Confapi Padova Davide D’Onofrio mi sono proposto come Presidente dei Giovani Confapi Padova e così è iniziata la mia attività di rappresentanza nel mondo della Confederazione. Negli ultimi anni, come Ambico, abbiamo acquisito partecipazioni in altre società come G.I.F.T. Srl, che si occupa di impiantistica, e avviato una Start Up Innovativa, IARI Srl, che si occupa di software con Intelligenza Artificiale. Ogni tanto quando sono a tavola, papà mi chiede come faccia ad avere un lavoro così impegnativo e che mi occupa così tanto tempo. E io rispondo ogni volta che sono fortunato a essere un imprenditore».
Quale la sfida più complicata affrontata in questi anni alla guida della sua azienda?
«L’imprenditore vive sfide quotidianamente. Ogni giorno può accadere qualcosa che cambia completamente i tuoi piani. Sicuramente quando nel 2015, bruscamente, il Governo ha deciso di modificare la legge in favore delle energie rinnovabili, la nostra società ha avuto un calo delle commesse dell'80%. Ma abbiamo reagito riorganizzandoci e mettendo a frutto le conoscenze e le competenze aziendali. Il settore di incentivazione delle energie rinnovabili è stato ampliato ai settori produttivi e quello progettuale completato con competenze consulenziali e gestionali. Così oggi ci occupiamo di sviluppo di progetti d'impresa attraverso la finanza agevolata. In pratica se un’azienda ha un progetto noi riusciamo a farglielo finanziare e realizzare».
Hai mai pensato di mollare e cosa l’ha spinta a resistere?
«Mollare no, semmai sognare di fare qualcos’altro, ma alla fine sempre con la mia testa, quindi la musica non cambia. Più cresco e più vedo i miei limiti. La cosa però non mi sconforta, anzi. Cerco di migliorarmi e soprattutto di circondarmi di persone più capaci di me, perché io possa imparare e per portare avanti assieme progetti ancora più ambiziosi».
Come si vede tra dieci anni?
«Questa domanda l’ho fatta ai miei dipendenti di recente nel colloquio per il welfare aziendale. Perché ho condiviso con loro in miei progetti e volevo sapere se li condividevano e se avevano delle proposte. Sono rimasto colpito dalle loro risposte molto chiare e piacevolmente determinate. Tuttavia oggigiorno dieci anni sono tanti: un’infinità. E sono imprevedibili. La mia azienda ha 11 anni e non avrei immaginato quello che oggi rappresenta. Quello che ci ha guidato fin qui sono sicuramente i valori che abbiamo ancora oggi come l’eco-sostenibilità, la fiducia, il miglioramento continuo, l’innovazione. Credo sempre di più che un’azienda sia più competitiva se riesce a essere internazionale, digitale e se lavora su più mercati. E per questo deve essere più strutturata. Mi piacerebbe quindi essere parte di un’azienda sostenibile, a misura di lavoratore, inclusiva, che condivide i successi e i risultati».
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova