Inflazione e tassi di interesse. Si è discusso anche di questo nel corso di Confapi Summer Night, l'assemblea estiva dell'Associazione in Prato della Valle, col presidente nazionale della Confederazione Cristian Camisa e il presidente dell'Associazione Carlo Valerio a sottolineare: «Assurdo attribuirne le colpe alle industrie. Cruciale che l’effetto benefico della discesa dei prezzi - che col calo dei costi di energia e materie prime ci sarà - non venga vanificato dall’aumento dei tassi». I dati di Fabbrica Padova: in un anno i margini di profitto delle aziende si sono ridotti dell’1,3%. «Eppure reagiamo».
È stata anche un’occasione per riflettere su un tema particolarmente caldo. La tesi targata Bce, ed espressa pubblicamente dalla presidente Christine Lagard, per la quale l’inflazione ha origine dai profitti delle aziende - che avrebbero cavalcato con i loro prezzi di vendita i rincari di gas e di elettricità in maniera superiore ai costi, ostacolando così la loro discesa e stimolando un prolungamento della stagione di tassi di interessi più alti - non si può applicare alla situazione italiana. A confutarla sono i dati elaborati da Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, sulla base dei rilievi statistici dell’Istat sulla competitività dei settori produttivi, contenuti nel recente Rapporto 2023. Nello specifico, sono presi in considerazione la dinamica dei profitti unitari in Italia, molto più bassa rispetto alla media europea, e l’andamento dei prezzi alla produzione, ovvero l’indice che misura le variazioni nel tempo dei prezzi che si formano nel primo stadio di commercializzazione, misurando le transazioni reali tra imprese. Nella manifattura la riduzione dei margini di profitto delle imprese nel 2022 è stata più marcata rispetto al 2021 (-1,4 contro -0,3%), a seguito del combinarsi dell’accelerazione dei costi intermedi unitari (+17,9%) e di un aumento del Clup, ovvero del costo del lavoro per unità di prodotto (+5,2%), a sua volta scaturito da un rimbalzo del costo del lavoro unitario (+2,5%) e da una diminuzione della produttività (-2,7%). E a maggio 2023 i prezzi alla produzione dell’industria sono diminuiti del 2,3% su base mensile e del 4,3% su base annua. Nello specifico, sul mercato interno i prezzi calano del 3,1% rispetto ad aprile e del 6,8% su base annua (da -3,5% del mese precedente).
«Tutti si attendono una riduzione dei prezzi, e io sono convinto che ci sarà, ma nei vari anelli della catena si sta aspettando che a fare la prima mossa siano gli altri. E tuttavia, la persistente spinta inflattiva non può certo essere imputato all’industria, che, al contrario, ha dovuto assorbire gli aumenti e sopperire alla mancanza di politica comune, che ha portato a una carenza endemica di materie prime e prodotti in tanti settori», ha sottolineato il Presidente Valerio. «L’accelerazione dei prezzi è invece situata a valle, in altri anelli della catena, e riguarda la commercializzazione dei prodotti. Ma è importante che l’effetto benefico della discesa dei prezzi non venga vanificato dall’aumento dei tassi».
L’erosione dei margini nella manifattura può rallentare la crescita degli investimenti in Italia, perché riduce la capacità di autofinanziamento delle imprese. A ciò si aggiunge che le disponibilità liquide sono in calo e il credito bancario si riduce. «E la Bce ha appena deciso un +0,25% dei tassi d’interesse, ne preannuncia un altro a luglio e programma un + 1% nell’arco dell’intero 2023. Ma questo colpisce di meno le grandi imprese, che al momento riescono a finanziarsi con crediti al 4,5%, e di più le piccole e medie, a cui tocca chiedere prestiti con un tasso del 7% e oltre», ha rimarcato il Presidente Camisa chiudendo i lavori. «Le Pmi non fanno finanza come le grandi e non godono dei loro privilegi, pensano solo a lavorare e creano sviluppo e occupazione. Per questo dovrebbero essere soltanto ringraziate».
Diego Zilio
Ufficio Stampa Confapi Padova